“Domani saranno tre mesi che ho dichiarato l’emergenza sanitaria pubblica a livello internazionale sull’epidemia del nuovo coronavirus. Oggi vorrei dedicare un momento al periodo che ha preceduto l’annuncio, per chiarire cosa l’Oms sapeva e cosa ha fatto”, così il direttore dell’Organizzazione mondiale della Sanità Tedros Adhanom Ghebreyesus in apertura del suo briefing in quella che sembra una risposta alle accuse di ritardo nella dichiarazione dell’emergenza, in particolare dagli Stati Uniti di Trump.
Ghebreyesus ha enumerato giorno per giorno i diversi passi e annunci, partendo dal 31 dicembre 2019 quando l’Epidemic Intelligence System dell’Oms “prese in carico il report di un cluster di casi di polmonite da cause ignore a Wuhan, Cina”. Già l’1 gennaio 2020, secondo il direttore, l’Oms chiese alla Cina ulteriori informazioni e attivò il sistema di sostegno per coordinare la risposta. E l’indomani, il 2 gennaio, venne informato il Global Outbreak Alert and Response Network che include oltre 260 istituzioni e 70 Paesi.
Già il 5 gennaio l’Oms “emise il primo bollettino sull’epidemia pubblicando i dati tecnici per comunità scinetifiche e di salute pubblica e sui media mondiali”, si è difeso Ghebreyesus.L’11 gennaio “la Cina condivise la sequenza genomica del virus per lo sviluppo di kit diagnostici. E lo stesso giorno si registrò il primo decesso per nuovo coronavirus in Cina”, ha aggiunto arrivando fino al viaggio a Pechino il 27 gennaio e la decisione il 30 gennaio “di riconvocare la Commissione d’emergenza e dopo aver ascoltato i loro suggerimenti, dichiarai l’emergenza sanitaria globale, il livello più alto di allarme dell’Oms” e in quel momento “c’erano meno di 100 casi e nessun decesso fuori dalla Cina”. (askanews)
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