Il coronavirus come un decreto “svuota-carceri’’. Il paragone non sembri azzardato. Perché i numeri forniti ieri durante la commissione Carceri del Comune di Milano dimostrano che quasi 600 detenuti (per la precisione 597) hanno lasciato le case di reclusione di San Vittore, Bollate e Opera dopo lo scoppio dell’emergenza Covid-19. Circa il 20-25 per cento sul totale.
Un detenuto su quattro ha abbandonato le tre strutture milanesi negli ultimi due mesi. Scarcerazioni giustificate da norme di legge, certo, ma motivate anche e soprattutto dall’obiettivo di abbassare il numero di detenuti nelle strutture e quindi ridurre le percentuali di contagiati da coronavirus. Negli istituti di detenzione della Lombardia, infatti, finora sono stati registrati 24 positivi, di cui 21 negli istituti milanesi e 230 detenuti (122) con obbligo di isolamento.
La situazione più esplosiva riguarda il carcere di San Vittore, dove il 9 marzo, a lockdown appena partito, è scoppiata una rivolta: i detenuti sono andati sul tetto dello storico immobile nel centro di Milano per protestare per le condizioni di detenzione ritenute inadatte a limitare contagi da Covid-19. Risultato: da allora a oggi sono state scarcerate 250 persone. “Siamo passati da 950 detenuti maschi a 693, mentre le donne sono scese a 63 – spiega il direttore del carcere, Giacinto Siciliano, nel corso della commissione consiliare riunita in videoconferenza –. In totale abbiamo perso circa 250 persone”.
Secondo Siciliano, “non c’è stata una significativa incidenza di scarcerazioni per la nuova normativa”: per alcuni c’è stata la revoca della custodia cautelare, altri detenuti sono stati trasferiti, altri per l’articolo 199. “È chiaro che noi come istituto siamo in una situazione più complessa, quando è scoppiata l’emergenza c’è stata anche una rivolta per colpa della situazione di overbooking, non c’era più una branda dove mettere una persona – aggiunge il direttore di San Vittore –. La struttura, non essendo modernissima, è stata attrezzata per gestire al meglio la situazione. Siamo ottimisti sul fatto che si possa gestire nel modo migliore possibile. Stiamo cercando di portare a due tutte le celle triple, a 4 quelle da 8, a 5 quelle da 11. Questo ci consente di gestire meglio la parte della prevenzione”.
Passiamo al carcere di Bollate. «Qui abbiamo 1.171 detenuti – afferma la direttrice Cosima Buccoliero –. Dal 20 marzo al 10 aprile abbiamo avuto circa 220 scarcerazioni, soprattutto affidamenti provvisori, ordinari, terapeutici e differimenti di pena. Poche le detenzioni domiciliari, perché questo è legato alla difficoltà di avere un domicilio per alcuni detenuti”. La responsabile del carcere di Bollate, subito dopo, sottolinea un problema che deve essere ancora affrontato e risolto, quello dei detenuti che hanno il permesso di lavorare all’esterno e che rischiano di perdere il lavoro a causa della crisi economica dovuta all’epidemia. “Per molti di loro c’è il rischio licenziamento”, chiosa la Buccoliero.
Ultimo capitolo: il carcere di Opera. Nella struttura alle porte di Milano ci sono state “circa 120 scarcerazioni, ma la capienza si è abbassata di 60 unità perché altre 60 sono arrivate da altre parti – spiega il direttore del carcere Silvio Di Gregorio –. Opera non è stata colpita dal contagio ma ha avuto un decesso tra il personale”.
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