Quando il governo chiede alle imprese di pagare per i suoi errori

di Giuseppe Matranga – – Quando al fine di svolgere un’opera pubblica, come lo scavo di una metropolitana, viene interdetto l’accesso a un’attività privata, come potrebbe essere un semplice negozio, ad essa spetta un ristoro, o per meglio dire un indennizzo; il principio un po’ come accade nel caso dell’esproprio è quello di rimborsare seppur non per l’intero valore di mercato il titolare del bene, e il tutto è giustificato dalla “pubblica utilità”, ovvero il principio per il quale l’interesse pubblico giace al di sopra dell’interesse privato, che viene comunque garantito in qualche misura dallo Stato.

Era il 9 marzo quando con un dpcm (Decreto del presidente del Consiglio dei Ministri) il Governo italiano intimava su tutto il suolo nazionale la chiusura di tutte le attività commerciali non fornitrici di beni e servizi di prima necessità al fine di preservare la salute pubblica, oltre che l’ordine per tutti i privati cittadini di restare nelle proprie abitazioni tranne che per motivazioni di comprovata importanza.
Non sta certo a noi di valutare la giustezza di tali provvedimenti riguardanti la salute pubblica, e segnatamente la propagazione dell’infezione virale da covid-19, una considerazione in merito però va fatta: era il giorno 21 febbraio quando sorse evidente la nascita di un focolaio nella provincia lodigiana; sembra il caso inoltre di puntualizzare come ancor prima, in data 31 gennaio il Governo promulgava lo Stato di emergenza per la durata di sei mesi a causa della potenziale epidemia influenzale.

Queste considerazioni fanno fare due riflessioni distinte ma ben connesse: anzitutto l’esplosione dell’epidemia nella seconda metà di febbraio non fu affatto un fulmine a ciel sereno, ma certamente un evento il cui verificarsi era già stato messo in conto, in secondo luogo potremmo ipotizzare che la gestione, e specialmente la tempistica dei provvedimenti intrapresi per sedare e rallentare la propagazione del contagio, non sia stata del tutto eccellente, in quanto con tutta probabilità l’attendismo ha permesso al focolaio sviluppatosi in una sola provincia lombarda di allargarsi a macchia d’olio e coinvolgere l’intera penisola italica in sole due settimane.
Ciò detto sta innanzitutto a sottolineare la possibilità, non del tutto remota, che si sarebbe potuto evitare di coinvolgere in una quarantena lunga settimane tutte e venti le regioni comprese le già geograficamente isolate “isole”, con tutti i disagi che ne sono comportati sul piano sociale ed economico.

Tornando però al concetto del nocumento provocato e indotto dalla quarantena forzata, essa ha provocato e sta provocando, per il 70 percento delle attività produttive e commerciali, il totale blocco degli affari con il conseguente aggravio della situazione economica e finanziaria delle stesse, nonché dell’intera economia nazionale, con una probabile perdita di PIL che risulterà compresa tra il 10 e il 15 percento per il solo 2020, con tutti i disagi – per non definirli disastri – che essa comporterà negli anni a venire per le finanze dello Stato.

I provvedimenti approntati dal Governo nelle scorse settimane, per sopperire alla mancanza di redditi e al conseguente fermo biologico dell’economia, sono stati finora scarsi e mal comunicati, anzi forse sarebbe meglio dire del tutto invisibili, dal momento in cui, gli unici provvedimento realmente in vigore finora non sono altro che la cassa integrazione in deroga per tutti i dipendenti di società interdetta all’attività (somme che verosimilmente saranno erogate a metà maggio) oltre ad una poco efficace concessione di crediti d’imposta che copre il 60 percento del costo degli affitti del mese di marzo (ma solo per le categorie c1).

Veniamo al giorno 6 aprile, data in cui con l’ennesima conferenza stampa in diretta tv e – l’ormai di rito – diretta Facebook, il Governo, nelle vesti del Presidente Conte e dei Ministri Gualtieri e Patuanelli hanno annunciato una fantasmagorica “Potenza di fuoco” per reimmettere liquidità nell’economia.
Peccato che questa potenza di fuoco sembri più “potenza di fumo” dal momento che mira a promuovere esclusivamente risorse sotto forma di finanziamenti, purché a tassi agevolati e garantiti al 100 percento dallo Stato fino a un massimo di 25 mila euro.

Non entrando nel merito e nello specifico delle prerogative specifiche che riguardano tali finanziamenti, dovremmo soffermarci su un concetto ben preciso: lo Stato ha procurato un nocumento alle imprese che sono state costrette a chiudere e invece di un ristoro gli propone di ottenere dei prestiti. Un po’ come se tra qualche mese l’Inps venisse a chiedere a impiegati e operai la restituzione delle somme ricevute durante il periodo di cassa integrazione.

Chiunque abbia una minima conoscenza della gestione aziendale a qualsiasi livello, anche in merito alla normale gestione di un semplice negozio, può facilmente comprendere che durante un periodo di inattività oltre a fermarsi le entrate di cassa , continuano a susseguirsi e accumularsi le uscite determinate dai costi fissi d’impresa (affitti, utenze energetiche, rate su prestiti e mutui, etc.), andando ad incrementare e ad aggravare la situazione debitoria, delle già martoriate (pre-covid19) imprese italiane.
Di fatto quindi lo Stato italiano invece di offrire un qualche ristoro del danno procurato ha finora solo predisposto un aggravio della situazione debitoria delle imprese in modo trasversale e a tutti i livelli, lasciando in capo ad esse la responsabilità di pagare per i suoi errori, di tasca propria e al puro scopo di preservare i posti di lavoro dei dipendenti e di permettere seppur con qualche rinvio temporale di versare le imposte dovute.

È forse questo il modo in cui un Governo che veste i panni di uno Stato di diritto, quale ancora l’Italia si mostra al resto del mondo, dovrebbe affrontare un’emergenza sanitaria e segnatamente economica come quella in cui ci ritroviamo al giorno d’oggi?