Non ce l’ha fatta Palmiro Parisi, quinta vittima del coronavirus in Basilicata. Il suo nome era diventato familiare ai lucani per la piccola battaglia che la sua famiglia aveva condotto sui social e sui giornali locali. L’uomo, 58 anni, è diventato suo malgrado il simbolo dei ritardi della sanità e di quei tamponi che vengono fatti quando ormai è troppo tardi. Palmiro, rappresentante di bevande di Potenza, ha dovuto aspettare giorni prima di sottoporsi al test, nonostante chiari sintomi e ripetute chiamate al 118.
La sua storia – scrive IL MATTINO – simile a quella di tanti altri che non hanno accessi privilegiati ai tamponi, è stata raccontata dalla figlia su Facebook e poi è stata ripresa dai giornali. E proprio grazie a questa mobilitazione è scattato il tampone con il successivo ricovero all’ospedale San Carlo di Potenza. I timori erano più che fondati: Palmiro aveva contratto il Covid-19.
L’uomo aveva la febbre e sintomi compatibili con il coronavirus già dal 13 marzo, ma la figlia Maria ha raccontato di essere riuscita a farlo ricoverare solo il 23 marzo scorso. E purtroppo nel reparto di terapia intensiva. A nulla erano valse le chiamate alla Guardia medica a al numero verde regionale. «Dalla voce sta bene e non serve fare il tampone perché non presenta sintomi gravi», sarebbe stata la risposta. E ancora: «Non possiamo mandare un’ambulanza e fare un tampone a tutti quelli che ci dicono di avere la febbre…»
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