Coronavirus, dieci errori di Conte che ci hanno danneggiato

Un impiastro, Giuseppe Conte, il coronavirus non poteva sperare di meglio. Sono almeno dieci gli errori clamorosi del premier in questa vicenda. O meglio, dieci quelli che individuiamo noi. Chissà quanti ce ne sono sfuggiti. Ne scriviamo pur convinti che ci voglia unità in questa guerra al morbo, ma per favore basta errori.

Giuseppe Conte ha cominciato col coronavirus scatenando l’assalto ai treni col decreto di estensione della zona rossa alla Lombardia e a undici quattordici province. Poi ha concesso il bis con il decreto che ha “nazionalizzato” l’emergenza provocando la ressa nei supermercati.

Il decalogo degli errori di Conte sul coronavirus

Terza perla nel passaggio del decreto che non vieta affatto lo spostamento delle persone, ma dà un affettuoso consiglio di evitarlo. Non è vero che sei obbligato a stare in casa se hai febbre o problemi respiratori, perché – ed è il quarto errore – c’è solo il suggerimento di non uscire alla faccia della pubblica incolumità.

Idem – ed è forse lo sbaglio più grave, il numero cinque – persino gli anziani a rischio non sono obbligati a restare a casa, ma per loro è prevista soltanto una “espressa raccomandazione… di evitare di uscire”. Insomma, quelli che venivano spacciati a parole per obblighi in realtà nei vari decreti sono diventati consigli.

Addirittura – ed è il sesto errore che somiglia molto al quarto pur con una fattispecie distinta – il malato non è costretto a stare a casa per evitare di infettare gli altri, perché nella decretazione d’urgenza Conte si dice solo che “è fortemente raccomandato di rimanere presso il proprio domicilio”.

La beffa è al numero sette della serie. Con il provvedimento dell’11 Marzo 2020 sono state sospese tutte le attività commerciali, tranne – stranamente – le due che fanno incassare accise allo Stato: restano aperti i tabaccai e i benzinai. Eppure l’istituto superiore di sanità avverte che i fumatori sono maggiormente a rischio visto che il Covid-19 è un virus polmonare, ma lo Stato continua a vendere sigarette per incassare soldi. Anche i benzinai restano aperti, così chi vuol circolare può farlo tranquillamente e a domanda potrà sempre rispondere che sta in giro per andare a fare benzina.
Giornali sì e libri no

La panzana al numero 8. Fa ridere e indignare al tempo stesso. Le edicole sono aperte, ma le librerie restano chiuse. Il paradosso di Conte: giornali sì e libri no. Kultura.

Al numero nove degli errori di Conte il divieto di tagliarsi i capelli, ma se si vuole un caffè al banco vai in autostrada e ti togli lo sfizio. Basta trovare qualcosa da scrivere nell’autocertificazione.

Fine di ogni senso umanitario all’errore numero 10. È sconsigliato passeggiare per strada mano nella mano con il proprio coniuge, con il quale si divide il letto, ma possiamo stare fianco a fianco in autobus o in metropolitana con uno sconosciuto. In compenso il nostro cagnolino sarà costretto a fare pipì decine di volte per poter uscire almeno con lui senza dover renderne conto al poliziotto che ci guarda.
Comunque Conte può dire di essere in buona compagnia. I francesi guardano esterrefatti anche loro a quello che sta combinando Macron. Si assomigliano e si pigliano…

Francesco Storace – www.secoloditalia.it