di Pietro Senaldi – – www.liberoquotidiano.it
Dietro la scrivania, al secondo piano del padiglione Marangoni del Policlinico di Milano, alla distanza di sicurezza di oltre un metro, che non infrangerà mai nel corso di tutta la conversazione, siede un gigante, un esempio per la nazione. Girolamo Sirchia è l’ uomo che, da ministro della Salute del secondo governo Berlusconi, ha dovuto affrontare l’epidemia di Sars nel 2003 e lo ha fatto così bene che la maggior parte degli italiani oggi neppure si ricorda che il virus sia passato da queste parti. Oggi ha 86 anni e presiede ancora l’Associazione di donatori Amici dell’Ospedale Policlinico che ha fondato 46 anni fa. Da due decadi è entrato nella fascia d’età dove il coronavirus ha le maggiori probabilità di essere letale, potrebbe starsene a casa a godersi i frutti del suo successo, invece è in prima linea. Uomo d’altri tempi, e non per l’anagrafe. «Ormai non vado in sala operatoria e in queste stanze non ci sono malati – spiega – se sono qui non è per coraggio ma perché la mia presenza serve, si metta nei panni di uno che ha bisogno, ad esempio, di un talassemico che senza trasfusione non vive».
Professore, l’emergenza coronavirus ha riaperto la polemica sui tagli alla sanità fatti da chi ha governato negli ultimi dieci anni: lei cosa ne pensa?
«Purtroppo abbiamo subito l’influenza negativa di alcuni economisti, che sono intelligenze importanti ma pericolose: vivono di slogan e formule ma sono lontani dalla realtà e dalla società».
Una critica ai tecnici da un ex ministro tecnico?
«Io arrivavo dagli ospedali, conoscevo la vita e la sofferenza. L’Italia invece, ma direi tutta l’Europa, negli ultimi anni si è messa in mano a dei guru, spesso al servizio della grande finanza internazionale e delle banche, che hanno imposto al Paese un Mes da 120 miliardi come contributo a un Fondo Salva-Stati, che è in realtà un fondo di salvataggio delle banche franco-tedesche».
Professore, fa il sovranista?
«Non è un discorso sovranista, ma di buon senso. Io non parteggio per un partito, faccio il cittadino. Credo che non possiamo e non dobbiamo uscire dall’Ue ma bisogna capire che essa, così com’è, ci porta a fondo. Quasi tutti i governi italiani degli ultimi anni hanno avallato le disastrose strategie economiche globaliste della Ue per incapacità e debolezza. Erano e sono esecutivi con scarso consenso popolare, minacciati da continui rating negativi e dallo spread. È ora di finirla, dobbiamo mandare al governo uomini capaci e non manichini disponibili a firmare ogni compromesso».
Sono venuto qui per parlare di sanità e lei mi parla di politica
«Le due cose sono collegate. La cattiva politica ha ammazzato la sanità pubblica italiana e sta ammazzando tutta l’economia del Paese. I tagli sono figli della spending-review, che i nostri politici si sono bevuti per ottenere il plauso dei globalisti. Il risultato è che non abbiamo sostituito i medici che andavano in pensione e per anni non abbiamo rimpiazzato i primari perché costava troppo e trasformavamo i vice in facenti funzione. Ci ritroviamo con macchinari vetusti e non assumiamo più infermieri, noleggiamo quelli delle cooperative, che ti mandano gente volenterosa ma che non parla neppure l’italiano. E poi, la sciagura delle sciagure per la sanità: abbiamo iniziato a fare le gare d’appalto al massimo ribasso, che premiano solo i prodotti scadenti. La potenza cinese l’abbiamo costruita noi con la nostra imbecillità da spending-review».
Mi faccia un esempio…
«Le mascherine contro il coronavirus. Per tranquillizzare i donatori ho contattato un’azienda italiana che le produceva. Mi ha detto che ha chiuso il settore perché nessuno le comprava in quanto gli ospedali acquistavano quelle cinesi, che sono una porcheria ma costano poco. Ora noi tutti per le strade giriamo con mascherine poco utili a frenare la diffusione del virus. L’Italia è diventata povera e insicura grazie agli economisti che hanno imposto la globalizzazione cavalcata dagli speculatori e l’Europa si è accodata pur vedendo che i Paesi crollavano».
Non è troppo pessimista?
«Siamo in mano a pazzi o a gente prezzolata. Tutte le persone normali che conosco cercano di comprarsi una casa e mettere da parte quattro soldi. Bene, ora gli economisti dicono che la casa di proprietà è un male perché sottrae risorse al mercato e allo stesso tempo criminalizzano chi risparmia perché non fa girare l’economia. I media spacciano queste tesi deliranti come volere popolare, ma io non conosco nessuno che le condivida».
Parliamo un attimo di sanità
«Quella pubblica sta andando a farsi benedire. Per l’emergenza coronavirus sta facendo l’impossibile ed è un bene che anche quella privata si sia disposizione».
C’è stata molta confusione intorno al coronavirus: il governo ha sbagliato qualcosa?
«La comunicazione è stata pessima. Quando arrivò la Sars, io ero il ministro e facevo una conferenza stampa al giorno. Come governo, abbiamo pagato la Rai per avere degli spazi informativi in cui io parlavo alla nazione. Certo, io ero un medico affermato e quindi trasmettevo autorevolezza. Oggi il ministero della Salute non si è fatto sentire. Andava in tv Conte con il maglioncino, ma lui è lo stesso che tre settimane fa aveva parlato di allarmismo bocciando la proposta dei governatori leghisti di mettere in quarantena chi arrivava dalla Cina e che ha accusato l’Ospedale di Codogno di non aver rispettato le direttive».
È stato un errore?
«Certo. Isolare i cinesi che tornavano dal loro Capodanno, dove si abboffano di ogni schifezza, avrebbe frenato il contagio. La quarantena non è un’offesa. Conte e Speranza hanno sdrammatizzato e accusato la Lega di razzismo; ora gridano al lupo, ma chi li ascolta? Se lo Stato non parla con una voce unica e coerente, il Paese va nel panico, ovvio. Gli italiani hanno capito che all’inizio la vicenda è stata affrontata dal punto di vista politico e non sanitario e molti hanno perso fiducia».
Pure i virologi hanno fatto confusione: ognuno diceva la sua
«I medici hanno le loro responsabilità. Molti hanno avuto atteggiamenti narcisisti. Se lei mette un medico davanti a una telecamera, lui parla anche se è spenta. Detto questo, è naturale che se il governo non parla con voce autorevole, chiunque abbia libera tribuna. Le epidemie non sono argomenti da trattare nei talk-show, come la politica».
Sono stati molto criticati i governatori Fontana e Zaia, l’uno per essersi messo la mascherina, l’altro per aver detto che in Cina mangiano i topi
«Fontana è un amministratore straordinario. Anche io al suo posto mi sarei messo la mascherina. È una polemica stupida e faziosa. Quanto a Zaia, forse è stato un po’ troppo ruvido, ma ha detto la verità. I cinesi, specie in campagna, convivono con animali selvatici e mancano di servizio sanitario. Non è politicamente corretto dirlo ma è ovvio che il virus si è diffuso a causa delle loro cattive abitudini alimentari e sanitarie, come è accaduto in passato con altre patologie».
Che sviluppi avrà il virus?
«Siamo in fase espansiva, mi attendo una crescita esponenziale. Con le quarantene stiamo cercando di rallentare il contagio per ridurlo numericamente e renderlo compatibile con il sistema sanitario nazionale. Non essendoci vaccino, il virus si sconfigge solo con il tempo, quando cambia il clima e ci saranno più guariti. Il caldo è nemico del corona e più immunizzati abbiamo, più difficile che esso circoli».
Che tempi prevede?
«Se la crescita, come è auspicabile, da geometrica si riduce ad aritmetica, la fase espansiva dovrebbe essere meno preoccupante fino a spegnersi entro circa 2-3 mesi».
Il coronavirus esploderà anche in Europa?
«Lo sta già facendo. Mi risulta che la Germania in realtà sia messa peggio di noi. E la Francia raggiungerà presto i nostri livelli».
È normale che il nostro servizio sanitario si sia fatto trovare impreparato all’emergenza?
«No, è accaduto perché l’Italia, a causa della spending review, ha smantellato i motori di sviluppo del Paese. Scuole e università sono state ridotte al livello di dover affittare le aule per racimolare soldi. Della sanità, si è detto. Quanto alla ricerca, pur avendo le intelligenze non produciamo più nulla e siamo costretti a comprare tutto dall’estero».
Lei come riuscì a sconfiggere la Sars?
«Era un virus più letale ma meno contagioso rispetto al corona. Un uomo da solo non inventa la ruota, io avevo una serie di conoscenze nazionali e internazionali che mi ha aiutato a gestire l’emergenza».
È quello che è mancato al nostro governo, isolato e con tutto il mondo che ha puntato il dito contro di noi e ci ha accusato di essere gli untori del male
«È andata così, ma non voglio infierire. La verità è che gli eventi catastrofici non si possono fronteggiare solo in emergenza, vanno predisposte e mantenute delle strategie e delle azioni di contrasto. Io, da ministro, creai il Centro di Controllo malattie, che ha il compito di studiare l’evolversi delle patologie nel mondo e prepararsi ad affrontare ipotetiche epidemie. Il suo lavoro era predisporre piani di contrasto da attivare in caso d’emergenza e magari di fare contratti che, quando scatta l’allarme, permettano di acquistare quel che ci serve, come le mascherine, con un canale prioritario. Certo sono cose che costano, se tagli la sanità, non te le ritrovi e quando arriva l’emergenza piangi. Se avessimo utilizzato bene i due mesi intercorsi tra la comparsa dell’epidemia in Cina e i primi casi in Italia, forse si poteva ottenere di più in termini di contrasto al COVID-19».