Coronavirus, richiamati i medici e infermieri in pensione

Il coronavirus ha messo nei guai l’economia e l’Italia intera, ma ha anche rivelato al mondo che abbiamo un sistema sanitario competente ed efficiente, pubblico e uguale per tutti, con un personale medico di qualità, benché tra i peggio pagati in Europa. Un sistema tra i primi al mondo per eccellenza, quantomeno nelle regioni del Nord, al quale sono stati tributati in questi giorni molti elogi, del tutto meritati. Proprio per questo, è probabile che per un po’ di tempo non sentiremo più parlare di tagli alla sanità, come si è fatto negli ultimi dieci anni.

Un primo segnale, scrive Italia Oggi, è giunto dalla Lombardia, dove il governatore della Regione, il leghista Attilio Fontana, ha annunciato più spesa, sia pure di modesta entità: 40 milioni per nuovi macchinari sanitari e 10 milioni per assumere medici e infermieri. Non solo: per fare fronte all’emergenza, saranno richiamati in servizio anche medici e infermieri già in pensione.

Già, i vincoli di bilancio. Dopo gli elogi, è su questo punto che è bene riflettere. Sono dieci anni che la politica di austerità imposta dall’Unione europea, prona all’ordoliberismo tedesco, comporta continui tagli alla spesa pubblica, specie a sanità e pensioni, nel tentativo di ridurre il debito pubblico. Ma la cura non ha funzionato: l’austerità di bilancio, sommata alla bassa crescita, a volte alla recessione, non ha prodotto più ricchezza, ma fatto aumentare il debito pubblico in rapporto al pil. E questo ha via via ridotto i margini per gli investimenti, che da sempre sono il carburante della ripresa. Fino a portarci allo stallo attuale, preludio di una recessione severa se a Bruxelles non cambierà la musica. affaritaliani.it