Francia: ministro Giustizia vuole rimpatriare i jihadisti Isis

Indecisione tra i dirigenti francesi. Mentre il governo si rifiuta ancora di rimpatriare i jihadisti dello Stato islamico, la ministra della Giustizia Nicole Belloubet sembra non avere obiezioni in merito al loro ritorno. Di seguito l’intervista a Samuel Lafon, portavoce del portale Damoclès che ha avviato una petizione da 180.000 firme contro il rimpatrio.

— Circa 200 jihadisti adulti e 300 bambini di nazionalità francese sono detenuti nelle prigioni del Vicino e Medio Oriente, soprattutto nella regione del Kurdistan. Secondo Nicole Belloubet, l’attuale situazione di instabilità in Iraq non consentirà al tribunale speciale iracheno supportato dai Paesi europei di pronunciarsi in merito a tali jihadisti. “Non vedo altra opzione se non quella di rimpatriare questi soggetti in Francia”, ha dichiarato il ministro. Per quale motivo Lei è contrario?

— Il governo Macron si è espresso più volte su questo argomento. All’inizio ci è stato detto che i jihadisti non sarebbero potuti tornare in Francia. Poi ci è stato detto che il loro ritorno sarebbe stato considerato caso per caso. Il che ha complicato molto la situazione. Le Drian ha recentemente affermato che la posizione ufficiale della Francia è che i jihadisti debbano essere giudicati in loco. E poi Nicole Belloubet, che sembra essere più interessata al destino dei jihadisti che a quello dei francesi, se ne esce con la sua dichiarazione.

Questi jihadisti sono i nemici della Francia. Coloro tra questi che hanno la cittadinanza francese non hanno in realtà più nulla di francese.

e sappiamo anche che coloro che sono stati processati in Francia hanno ricevuto condanne ridicole. Sfruttano il tempo che passano in prigione per attirare altri dalla loro parte. E aspettano solo una cosa: uscire di prigione e andare a uccidere i francesi.

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Le condanne non superano i 10 anni di detenzione, un periodo di tempo ridicolo alla luce dei terribili crimini che [i jihadisti] hanno perpetrato.

— Secondo il rappresentante dell’Institut pour la Justice, Guillaume Jeanson, non è possibile affermare che i giudici “scontino la pena” dei jihadisti. Infatti, i tribunali hanno difficoltà a giudicare crimini commessi fuori dalla Francia, in Medio Oriente. Non sono forse troppo belle le Sue parole?

— No, sono indice della nostra risolutezza. È proprio questa la questione! Se pensiamo che sia difficile giudicare i terroristi per atti commessi fuori dai confini dalla Francia, perché li lasciamo tornare? I jihadisti ci giocano su questo! Fanno tutti finta di essere pasticcieri, dicendo che non hanno combattuto, anche se sappiamo che sono stati addestrati per farlo, ossia per uccidere e per commettere atti terroristici. Si prendono gioco di noi, si prendono gioco del nostro sistema giuridico. Chi è tornato deve essere privato della cittadinanza francese.

— La ministra della Giustizia ritiene che abbiamo bisogno di un controllo suoi jihadisti. In particolare, ha affermato che “non possiamo rischiare che scompaiano tra la folla”. Cioè, secondo la ministra, saranno controllati dalle autorità francesi oppure fuggiranno. Cosa ne pensa?

— È ridicolo. Si verificano sempre più attacchi in Francia, sempre più persone vengono considerate pericolose, nessuno le ferma e commettono nuovi crimini. Se tornassero in patria, potranno commettere atti terroristici subito o nell’arco di qualche anno.

— Nicole Belloubet considera “inaccettabile” che i figli di jihadisti siano rinchiusi nei campi in Kurdistan. Secondo Lei è accettabile? Lei è contrario a qualsivoglia rimpatrio persino qualora la questione venga trattata caso per caso e sia dettata da criticità a livello umanitario?

— I bambini e le donne sono stati strumentalizzati per suscitare scalpore. Avvocati di sinistra hanno condotto un’intera campagna per convincerci che gli uomini non sono un pericolo. Hanno poi continuato difendendo le donne, presunte vittime dei loro mariti, costrette a rimanere lì, tutte infermiere, nessun attacco terroristico alle spalle, nessun coinvolgimento nella politica dell’ISIS. Sappiamo che non è vero e che i bambini sono poveri. Ma sappiamo anche che sono stati addestrati a uccidere con le unghie sin da piccoli. I video li ritraggono mentre uccidono i prigionieri o tagliano loro la gola. (…) La nostra risposta dovrebbe essere un fermo “no”. Non c’è bisogno di mettere i francesi in un pericolo ancora più grande di quello in cui vivono già ora”.

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