Si può criticare, anche violentemente, una religione in uno stato laico? La Francia, da sempre baluardo di laicità, si interroga in queste settimane sul limite tra il lecito e l’illecito in questo campo e sull’agibilità del diritto di critica alla religione, all’Islam in particolare. E a innescare questo dibattito, che scuote alla radice l’Esagono, è stata una ragazza di 16 anni dai capelli tinti di viola e le lentiggini: Mila.
I fatti iniziano il 20 gennaio. Mila appare in diretta sul suo profilo Instagram e diventa oggetto delle avance insistenti di un uomo. Lei chiarisce di essere omosessuale, sperando che la cosa si chiuda lì, ma la reazione dell’uomo è fatta di insulti omofobi e di accuse di islamofobia. A quel punto Mila risponde a sua volta con un nuovo video. “Io detesto la religione. Il Corano è una religione di odio. (…) l’Islam è merda, la vostra religione è merda. Questo è quanto penso“, dice nel filmato, che poi continua su questo stesso tono.
Inizia così la caccia virtuale nei suoi confronti. Centinaia di utenti, su tutte le piattaforme social, prendono a insultarla, a minacciarla di stupro e di morte. Vengono pubblicati, a dispetto del fatto che si tratta di una minorenne, il suo nome, il suo indirizzo, il nome del suo liceo, a Villefontaine, nell’Isére. E deve ritirarsi anche da scuola, per il momento, continuando le lezioni a distanza. Di fatto, si deve nascondere.
In pochi giorni la giustizia si muove. Vengono aperte due inchieste. Una su sua denuncia per le minacce e la diffusione dei dati, contro ignoti. L’altra contro di lei per “provocazione all’odio religioso”. Ma quest’ultima viene rapidamente archiviata. “L’inchiesta ha dimostrato che le dichiarazioni diffuse, per quanto avessero un tono oltraggioso, avevano l’unico obiettivo di esprimere un’opinione personale rispetto alla religione, senza la volontà di provocare l’odio o la violenza contro individui a causa della loro origine o della loro appartenenza a questa comunità di credenti“, ha dichiarato il procuratore.
D’altro canto parte anche un movimento, nei social, a sostegno della ragazza. Attraverso l’hashtag #JesuisMila si esprimono le posizioni di internauti che si identificano nella posizione presa da Mila rispetto alla religione, altri che deprecano le provocazioni sessiste e omofobe che hanno suscitato la sua reazione, altri ancora che evidenziano la violenza verbale e di genere di cui Mila è stata oggetto.
La questione, però, è ormai diventata una di quelle su cui l’opinione pubblica, gli intellettuali, i gruppi politici si dividono.
Abdallah Zakri, parlando a Sud Radio, dice: “Se l’è andata a cercare. Chi semina vento, raccoglie tempesta”. Un’opinione tra tante, certo, ma pronunciata da un signore che occupa la posizione di delegato generale del Consiglio francese del culto musulmano, che ha qualcosa di più di 16 anni e molte responsabilità in più. Parole, queste dell’esponente islamico, che vengono definite “criminali” da Marlène Schiappa, segretaria di stato per la parità di genere del governo di Emmanuel Macron, su France Inter.
Poteva chiudersi qui la vicenda. E invece no. A quasi dieci giorni dal video di Mila, interviene anche Nicole Belloubet, ministra della Giustizia dello stesso governo Macron, per la quale “l’insulto alla religione è evidentementre un attentato alla libertà di coscienza, è grave”. Una dichiarazione, sul piano politico, incendiaria, solo parzialmente corretta dalla condanna delle minacce di morte e di violenza subite da Mila, definite “inaccettabili”.
“Nicole Belloubet inventa il delitto di blasfemia. Scandaloso!” dichiara Nicolas Dupont-Aignan di Debout de la France. Mentre su Le Figaro ricordano che le frasi di Mila erano diretto contro l’Islam non contro i musulmani”. Contro la religione, non contro chi la pratica. Insomma, il tema diventa: il reato di blasfemia. E Balloubet deve fare una rapida marcia indietro.
La faglia che divide il dibattito finisce anche per creare inedite convergenze. Marine Le Pen, in un tweet scrive: “Le parole di questa giovane donna sono una descrizione orale delle caricature di Charlie Hebdo, né più né meno. Possiamo trovarle volgari, ma non possiamo accettare che, conseguquentemente alcune persone la condannino a morte nella Francia del XXI secolo”.
Mila è diventata il simbolo delle contraddizioni di una Francia spaccata tra la difesa del principio fondante della laicità e dell’altrettanto importante principio della libertà religiosa. E lei? Lei sembra essere finita nel tritacarne, in una vicenda più grande. In cui se la cava bene, ma rischia di esserne stritolata.
Le minacce sono tutt’altro che finite e, in un paese in cui la redazione di Charlie Hebdo è stata sterminata, effettivamente c’è da aver paura. Mila ha dovuto chiedere assistenza psicologica e si ritrova senza una scuola. L’avvocato della sua famiglia, Richard Malka, ha rivelato che non riesce a trovare “una scuola che possa garantire la sicurezza di questa ragazza”. (askanews)