Tutti i giorni dalle 8 alle 18, per tutta la settimana, con una pausa di pochi minuti per pranzo. Queste le condizioni massacranti di lavoro di diversi richiedenti asilo in un capannone senza riscaldamento a San Mauro Torinese. Impacchettavano pennarelli di marchi famosi: ogni giorno dovevano confezionare almeno mille scatole per prendere un compenso giornaliero di 18 euro. Le cifre nell’elenco delle buste paga sono tremende: 150 euro, 400 euro, 58 euro, 300 euro. Come scrive Repubblica, chi non aveva nulla da mangiare beveva l’acqua del bagno e basta.
Sfruttamento San Mauro Milanese, licenziati perchè hanno chiesto l’aumento di 8 euro – Quando in tre su 45 si sono lamentati, pretendendo che la paga salisse almeno a 25 euro, sono stati licenziati in tronco.
Sempre come riferisce Repubblica, davanti al giudice del lavoro si sono presentati i tre migranti che avevano trovato il coraggio di ribellarsi, assistiti dall’avvocato Simone Bisacca. Non c’era invece il padrone cinese che, secondo quanto raccontato ai magistrati, li teneva come in schiavitù. “Ci aveva tolto la dignità” , hanno detto al presidio che la Cub, che li segue nella causa, ha organizzato davanti al palazzo di giustizia. “Quando usciva ci chiudeva dentro a chiave, avremmo potuto morire se fosse scoppiato un incendio” .
E su questo caso è intervenuto anche l’onorevole della Lega Paolo Grimoldi, componente della Commissione Esteri della Camera e presidente della delegazione italiana all’Osce.
“La vicenda rivelata oggi da alcuni quotidiani torinesi su gruppi di richiedenti asilo, ragazzi africani, utilizzati come manovalanza a basso costo e zero diritti, trattati come schiavi, per produrre pennarelli, lascia sconcertati. Non solo per il caso di caporalato, anche se purtroppo si tratta di una realtà diffusa in Italia con i clandestini che lo Stato ignora e fa finta di non vedere, ma perché in questo caso coinvolge richiedenti asilo, che non potrebbero svolgere alcun tipo di lavoro o percepire reddito, essendo qui solo in attesa dell’esame della loro domanda di protezione, tranne nei casi di progetti sociali, ma non certo inquadrati a fini commerciali. Questa vicenda è doppiamente grave: il ministro del Lavoro dovrebbe dare delle spiegazioni a riguardo. I richiedenti asilo sono qui per lavorare in nero al posto degli italiani?” Ha concluso.