Le ragioni giuridiche (di P. Becchi e G. Palma)
La giunta per le immunità parlamentari del Senato ha dato il via libera al processo nei confronti di Matteo Salvini sul caso Gregoretti. Ora la palla passa all’aula di Palazzo Madama, che deciderà in via definitiva il 17 febbraio. I vigliacchi della maggioranza giallo-rossa hanno disertato la giunta per non fare di Salvini un martire in vista delle elezioni regionali in Emilia-Romagna e Calabria del 26 gennaio, ma sono pronti a mandare il leader dell’opposizione a processo nel voto di febbraio. I “ladri di democrazia” sono senza spina dorsale.
Salvini è accusato di sequestro di persona perché, da Ministro dell’Interno, alla fine del mese di luglio dell’anno scorso impedì lo sbarco di 130 migranti sulle coste italiane. Una follia, fatto sta che il Tribunale dei Ministri ne chiede il processo nonostante la Procura ne avesse chiesto l’archiviazione. Non vogliamo per il momento argomentare una difesa tecnica sulla base del codice penale, bensì porre l’accento su una questione di natura costituzionale.
Le decisioni del governo sono di tipo collegiale, quindi, anche nel caso di atti posti in essere dai singoli ministri, il Presidente del Consiglio ne è sempre informato e, se in disaccordo, può applicare l’art. 5, secondo comma, lettera c) della Legge n. 400/1988, attraverso il quale “può sospendere l’adozione di atti da parte dei Ministri competenti in ordine a questioni politiche e amministrative, sottoponendoli al Consiglio dei Ministri nella riunione immediatamente successiva”. Nel luglio 2019 al governo c’era la maggioranza giallo-verde, Presidente del Consiglio lo stesso Giuseppe Conte che oggi presiede il governo giallo-rosso.
La decisione sulla Gregoretti da parte di Salvini, all’epoca Ministro dell’Interno, non fu in alcun modo ostacolata né dal Consiglio dei Ministri né dal Presidente del Consiglio, il quale non pose alcun limite alle decisioni del Viminale. Fatto sta che, quando Salvini impedì alla Gregoretti di attraccare sulle coste italiane, nessuno del governo fiatò, tanto meno il Presidente del Consiglio. La responsabilità, dunque, non è del Ministro dell’Interno, ma di tutto il Consiglio dei Ministri, in particolar modo del Presidente del Consiglio. Non a caso il primo comma dell’art. 95 della Costituzione stabilisce che “il Presidente del Consiglio dei Ministri dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile. Mantiene l’unità di indirizzo politico ed amministrativo, promuovendo e coordinando l’attività dei Ministri”.
E’ facile ora per Conte scaricare le responsabilità su Salvini, ma in realtà – se esistono reati sul caso Gregoretti (e secondo noi non ne esistono) – a processo dovrebbe andarci il Presidente del Consiglio e non il leader della Lega.
Nel corso del processo, infatti, sarà opportuno che Salvini faccia la cosiddetta “chiamata in correità” di Giuseppe Conte, il quale dovrà rispondere del medesimo reato di sequestro di persona da una posizione di maggiore responsabilità rispetto all’allora titolare del Viminale.
Conte ha tradito la maggioranza giallo-verde per accreditarsi con Usa e Bruxelles allo scopo di restare a Palazzo Chigi anche con la maggioranza giallo-rossa. Ora però va tradotto nel processo per rispondere con Salvini di un reato, tra l’altro, inesistente. E’ bello fare i fenomeni col culo degli altri come fa Conte, ma ora il tempo della pazienza è finito.
di Paolo Becchi e Giuseppe Palma