di Gianluca Veneziani – Che periodaccio per Repubblica. Quando le cose girano male, rischi di intervistare qualcuno a sua insaputa, di fare titoloni violenti a tua insaputa, di dare lezioni di teologia spicciola credendoti il Papa e di sparare cifre a casaccio. Ma non è mica per malafede. È che se metti insieme ideologia, snobismo intellettuale, caccia alla notizia a tutti i costi e il motto «prima le opinioni poi i numeri», finisci per partorire qualche mostriciattolo.
L’ ultimo era visibile ieri sul quotidiano fondato da Scalfari: si trattava di un’ intervista a Giorgio Gori, sindaco di Bergamo e unico esponente di nota del Pd a prendere parte ad Hammamet alle commemorazioni per l’ anniversario della morte di Craxi. Il pezzo offriva spunti interessanti, dall’ invito alla sinistra a riappropriarsi del leader socialista perché «io non regalo Craxi alla destra» all’ attacco al Pd che «aveva l’ occasione di sanare una ferita, recuperare un pezzo di storia comune.
Non l’ ha fatto e sta sbagliando».
C’ era solo un piccolo difetto nell’ intervista: a detta di Gori, non era mai stata rilasciata. Ieri il sindaco di Bergamo scriveva infatti su Twitter: «Mi sveglio e trovo su Repubblica un’intervista che non ho dato, costruita sulle chiacchiere fatte in piedi durante una cerimonia. Giudizi forzati, espressioni che non sono mie. Perché?».
Già, perché? Forse per la stessa ragione per cui è possibile aprire il giornale con un titolo feroce, «Cancellare Salvini», senza dover rendere conto del metodo usato. Anzi, provando il giorno dopo a giustificarlo con una mega-arrampicata di specchi, ossia sostenendo che il senso era «cancelliamo i decreti Salvini». Verissimo, ma nessuno è così scemo da pensare che quel titolo fosse stato scritto così solo per brevità e che dietro non ci fosse l’ auspicio di Repubblica di cancellare la persona di Salvini dalla scena politica, e forse non solo. […]
Mi sveglio e trovo su @repubblica un’intervista che non ho dato, costruita sulle chiacchiere fatte in piedi durante una cerimonia. Giudizi forzati, espressioni che non sono mie. Perché?
— Giorgio Gori (@giorgio_gori) January 18, 2020