“È in atto una persecuzione dei cristiani. Da mesi, noi vescovi denunciamo quanto accade in Burkina Faso, ma nessuno ci ascolta”, ha dichiarato, il vescovo Kjustin Kientega. “Evidentemente”, egli ha concluso, “l’Occidente preferisce tutelare i propri interessi”.
In una recente serie di tragedie transnazionali, 14 cristiani sono stati uccisi in un attacco a una chiesa in Burkina Faso; 11 sono stati trucidati in un attentato a un autobus, in Kenya, e 7 sono stati massacrati da Boko Haram, in Camerun. Questi tre attacchi letali perpetrati nella stessa settimana dagli islamisti danno un’idea dell’intensità e della frequenza della persecuzione globale anticristiana.
Il vescovo Kientega ha detto che l’Occidente non ascolta il loro dramma. “Se nel 2011 il governo belga aveva deciso di inviare degli F-16 in Libia per proteggere i civili minacciati da Gheddafi, nel 2014, non ha adottato alcuna misura concreta per aiutare le minoranze in Iraq”, ha scritto Le Vif.
“Oggi, è un silenzio assordante che prevale negli scranni dei nostri Parlamenti, così come negli ambienti accademici e associativi. Perché questa riluttanza che rasenta il totale abbandono delle popolazioni in difficoltà?”
Mentre nel 2014 i cristiani della Siria e dell’Iraq subivano la violenza degli islamisti radicali, un gruppo di parlamentari francesi aveva invitato la Francia a mostrare solidarietà nei confronti di quei cristiani. Ma davanti al Palais Bourbon di Parigi non si presentarono che appena 200-300 manifestanti, sotto lo slogan “Oggi l’Oriente, domani l’Occidente“. I leader cristiani hanno altresì denunciato il governo britannico per non essere riuscito ad aiutare i cristiani perseguitati. “Questa triste indifferenza solleva la questione della nostra capacità di credere nei nostri valori umanistici”, ha scritto il giornalista francese Christian Makarian. L’indifferenza dell’Europa per la sorte dei cristiani d’Oriente non viene da molto lontano; è il potente risultato dell’inerzia e dell’indifferenza, un malessere che sta divorando il continente. È un tradimento cinico e il più grande segnale di come sono diventate insensibili le democrazie liberali.
In Europa, tuttavia, c’è un difensore solitario dei cristiani perseguitati: il primo ministro ungherese Viktor Orbán, che i media mainstream amano beccare e attaccare. Nessun altro governo europeo ha investito così tanto denaro, diplomazia pubblica e tempo su questo argomento. Nelle pagine di Foreign Policy, Peter Feaver e Will Inboden spiegano che gli aiuti ai cristiani provengono da “alcune organizzazioni umanitarie internazionali, come i Cavalieri di Colombo e Aiuto alla Chiesa che soffre, e dal governo ungherese”. Solo i Cavalieri di Colombo hanno raccolto 2 milioni di dollari per ricostruire la città cristiana irachena di Karamlesh.
“Per salvare l’Europa, quelli che potranno fornirci il più grande aiuto sono coloro che stiamo ora aiutando”, Orbán ha di recente dichiarato alla Conferenza internazionale del 2019 sulla persecuzione dei cristiani, che ha organizzato a Budapest. “Stiamo dando ai cristiani perseguitati ciò di cui hanno bisogno: case, ospedali e scuole, e riceviamo in cambio ciò di cui l’Europa ha più bisogno: la fede, l’amore e la perseveranza cristiana”. “L’Europa rimane in silenzio”, ha proseguito Orbán. “Una forza misteriosa chiude la bocca ai politici europei e paralizza le loro braccia”. Egli ha affermato che la persecuzione dei cristiani potrebbe essere considerata solo come una questione di diritti umani in Europa. Il primo ministro ungherese ha ribadito che “i cristiani non possono essere menzionati da soli, ma insieme ad altri gruppi perseguitati per la loro fede”. La persecuzione nei confronti dei cristiani “viene pertanto inglobata nella famiglia variegata dei gruppi religiosi perseguitati”.
Secondo il segretario di Stato ungherese responsabile delle politiche per i cristiani perseguitati, Tristan Azbej, quello di Orbán è il primo governo ad avere uno speciale segretariato “che ha un solo compito: occuparsi del destino e monitorare la situazione delle comunità cristiane in tutto il mondo, e se occorre, le aiuteremo”.
“…Finora abbiamo speso 36,5 milioni di dollari per rafforzare le comunità cristiane dove vivono. Ciò è dovuto al nostro approccio di base che consiste nel fatto che non vogliamo [che] (…) i membri delle comunità cristiane lascino le loro case, permettendo loro di rimanere e di essere più forti lì. Il nostro principio è quello di portare aiuto dove necessario e non causare problemi dove non ci sono, almeno non ancora. In tale ottica, abbiamo ricostruito case per 1200 famiglie cristiane in Iraq per consentire loro di tornare. Stiamo costruendo scuole per i cristiani in Medio Oriente con la Chiesa caldea e con la Chiesa siro-ortodossa. Copriamo le spese mediche degli ospedali cristiani, tre dei quali in Siria; stiamo ricostruendo 33 chiese cristiane in Libano e stiamo realizzando un programma completo di sviluppo e costruzione nella pianura di Ninive”.
La leadership ungherese fa presente il dramma dei cristiani perseguitati a un’Europa apatica. “Abbiamo 245 milioni di motivi per essere qui. Ecco quante persone vengono perseguitate ogni giorno a causa della loro fede cristiana”, ha dichiarato Azbej il 26 novembre, quando ha aperto la Conferenza internazionale sulla persecuzione dei cristiani, tenutasi a Budapest.
Erano presenti numerosi leader cristiani, tra cui il patriarca della Chiesa siro-ortodossa di Antiochia
Ignatius Aphrem II, l’arcivescovo cattolico caldeo alla guida della diocesi di Mosul Najeeb Michael e il reverendo Joseph Kassab, a capo delle comunità evangeliche in Siria e in Libano. Alla conferenza hanno inoltre partecipato degli oratori cattolici, come il cardinale Peter Erdo, primate d’Ungheria e arcivescovo di Budapest, e il cardinale Gerhard Ludwig Mueller, già prefetto della Congregazione vaticana per la Dottrina della Fede.
Il primo ministro Orbán ha anche incontrato i leader cristiani della Nigeria. Il cardinale Malcolm Ranjith dello Sri Lanka ha ringraziato l’Ungheria e Orbán per il sostegno offerto e per i gesti di solidarietà verso il popolo dello Sri Lanka. “La nostra stima è che oltre il 90 per cento dei cristiani ha lasciato l’Iraq e quasi il 50 per cento dei cristiani di Siria ha abbandonato il Paese”, ha detto a Budapest il patriarca della Chiesa siro-ortodossa Ignatius Aphrem II. Il governo ungherese ha offerto 1,9 milioni di euro per la ricostruzione delle case cristiane a Telskuf, in Iraq.
Lo scrittore francese Bernard-Henri Lévy di recente è tornato da un viaggio in Nigeria e ha scritto dell’odio contro i cristiani in un lungo saggio pubblicato su Paris Match: “I cadaveri mutilati delle donne. Questa bambina strangolata con la catenina con la croce che portava al collo. Un’altra sbattuta contro un albero all’ingresso del suo villaggio”. Lévy parla anche del “richiamo delle moschee radicalizzate dai Fratelli Musulmani che si moltiplicano nella misura in cui le chiese stanno bruciando”. Ecco perché l’Ungheria ha anche fornito aiuti alle comunità cristiane della Nigeria. Solo quest’anno, in Nigeria, sono stati uccisi mille cristiani.
L’Ungheria è l’unico Paese in Europa che non soltanto organizza conferenze internazionali sulla persecuzione dei cristiani, ma che si dedica altresì a portare aiuti specifici ai cristiani in Medio Oriente. L’iniziativa Hungary Helps consiste nell’elargire 1,7 milioni di dollari per finanziare le cure ospedaliere in Siria. Azbej ha affermato che il governo ungherese sta “finanziando programmi in cinque Paese del Medio Oriente e in due Paese sub-sahariani” con “uno dei programmi più estesi [come] la ricostruzione della città di Tel Askuf, nel nord dell’Iraq.
L’Ungheria ha inoltre donato 450 mila dollari per costruire una nuova scuola a Erbil (nella zona abitata dai curdi in Iraq, dove molti cristiani hanno trovato rifugio). Il cardinale italiano Mario Zenari, inviato del Vaticano in Siria per un decennio, ha chiesto aiuto al governo ungherese. I leader del Cristianesimo ortodosso hanno altresì ringraziato Orbán per il suo sostegno. Le agenzie umanitarie statunitensi hanno firmato accordi con l’Ungheria sulla persecuzione dei cristiani.
Due anni fa, quando Orbán ha aperto la prima Conferenza internazionale sulla persecuzione nei confronti dei cristiani, ospitata a Budapest, il premier ungherese esortò l’Europa a spezzare le “catene della correttezza politica” e ad opporsi alla persecuzione dei cristiani. Nessun altro in Europa, tranne lui, parla di difendere il “Cristianesimo”. Inoltre, il Parlamento ungherese ha approvato un decreto promosso dal governo per richiamare l’attenzione sugli attacchi contro i cristiani e qualificarli come genocidio.
Il programma speciale “Hungary Helps” è stato istituito per offrire aiuto ai cristiani perseguitati in Africa e in Medio Oriente. “Occorre fornire aiuti dove risiede il problema, invece di portarlo in Europa”, ha dichiarato un portavoce del programma, che ha erogato aiuti per 30 milioni di dollari negli ultimi due anni. In solidarietà con i cristiani perseguitati, Hungary Helps ha aggiunto al proprio logo la lettera araba ن (“nun”), con cui l’Isis ha contrassegnato le case cristiane nel nord dell’Iraq per marchiare i cristiani che dovevano convertirsi all’Islam, pagare una tassa di protezione, fuggire o affrontare la morte.
Altri governi europei sono stati tutti codardi all’estremo. La cosiddetta “Europa umanitaria” è rimasta in silenzio, trasudando ipocrisia, ignavia e cecità. I leader europei, anziché essere imbarazzati, dovrebbero fare della condizione dei cristiani sotto l’Islam il punto di partenza delle loro conversazioni con i musulmani. Perché i governi di Regno Unito, Francia, Germania, Italia e altri ancora – Paesi molto più ricchi e più grandi dell’Ungheria – non hanno seguito l’esempio dell’Ungheria? Perché hanno spento i microfoni?
“Il destino dei cristiani e di altre minoranze è il preludio al nostro”, ha di recente dichiarato l’ex primo ministro francese François Fillon. Volenti o nolenti, Orbán “l’illiberale” lo capisce. I suoi critici liberali no.
Giulio Meotti, giornalista e scrittore italiano.