Natale vietato nella regione islamica di West Sumatra

Jakarta (AsiaNews) – Niente Natale per i cristiani di Sungai Tambang e Jorong Kampung Baru, località nella provincia a maggioranza islamica di West Sumatra: le autorità dei due villaggi – il primo situato nella reggenza di Sijunjung ed il secondo in quella di Dharmasraya – hanno imposto il divieto perché le celebrazioni natalizie non si svolgerebbero in luoghi di culto regolarmente registrati, bensì nelle case dei fedeli. Secondo i resoconti dei media locali, il provvedimento è in vigore da molti anni ed è sostenuto dai leader dei villaggi e dalle amministrazioni locali.

Lo scorso 18 dicembre, la polizia di Kampung Baru ha ammonito la comunità cattolica nel villaggio di non tenere servizi e di recarsi piuttosto in una chiesa nella vicina reggenza di Sawahlunto. Lo rivela Trisila Lubis, 56enne leader cattolica locale. La comunicazione della polizia segue una lettera che i leader del villaggio hanno pubblicato all’inizio di questo mese, in cui vietavano alle circa 16 famiglie cattoliche di celebrare il Natale.

Trisila afferma che, qualora i cristiani avessero accettato la proposta della polizia, le autorità avrebbero provveduto al trasporto dei fedeli nella chiesa di Santa Barbara, che si trova a circa 120 chilometri da Kampung Baru. Tuttavia Trisila, che funge da rappresentante della comunità, ha rifiutato l’offerta poiché essa non è una soluzione alla lunga battaglia dei cristiani di Kampung Baru. La donna afferma che la comunità è vittima di discriminazioni da anni: il 22 dicembre 2017 ha ricevuto una lettera simile che vietava non solo le celebrazioni natalizie, ma anche le messe domenicali nelle case dei fedeli. A questi veniva chiesto di pregare in modo individuale nella propria abitazione.

La leader cattolica rivela che la sua comunità, trasferitasi a Dharmasraya da varie parti del Paese per lavorare nella piantagioni di palma, da anni si batte per ottenere dai residenti il permesso di costruire una chiesa regolare. Sebbene la Costituzione dell’Indonesia garantisca la libertà di religione per ogni cittadino, un decreto ministeriale del 2006 – che regola i luoghi di culto – impone ad una comunità di ottenere 90 firme dai propri membri ed altre 60 dai cittadini prima di costruire un luogo di culto.

Il governo di Dharmasraya respinge l’accusa di negare la libertà religiosa. Il suo portavoce, Budi Waluyo, dichiara che lo scorso 18 dicembre è stato raggiunto un “accordo” tra le diverse comunità religiose della zona – la piccola comunità cristiana di Jorong Kampung Baru ed i musulmani di Nagari Sikabau. “Le celebrazioni natalizie devono svolgersi in un edificio di culto legale e non in abitazioni”, afferma Waluyo.

Anche alle 210 famiglie protestanti e cattoliche di Sungai Tambang viene impedito l’esercizio della propria fede. La polizia locale mette spesso in discussione lo status giuridico delle case di culto non permanenti, utilizzate come “chiese”. Lo scorso 16 dicembre si è svolto un incontro per affrontare la questione, ma da parte delle autorità non è seguita alcuna azione. Il capo del distretto di Sijunjung, Yuswir Arifin, afferma che “è stato raggiunto un accordo” negando qualsiasi divieto alle celebrazioni natalizie.

Gli attivisti di Pusaka (Centro per gli studi intercomunitari), organizzazione per i diritti umani, denunciano che la discriminazione nei confronti dei gruppi religiosi di minoranza è ampiamente diffusa a West Sumatra. Secondo i dati del gruppo, solo in nove regioni su un totale di 19 tra città e della provincia vi sono chiese ufficiali. Sudarto, direttore di Pusaka, afferma che negli ultimi tempi a West Sumatra vi sono stati almeno otto episodi di “conflitto interreligioso”. Muhammad Taufik, docente presso Islamic State University di Pandang (capoluogo provinciale) condanna i divieti alle celebrazioni natalizie come una seria “intimidazione” da parte della maggioranza contro i concittadini in minoranza. “L’assenza dello Stato – afferma – ha comportato la scarsa difesa di diritti umani fondamentali, come adottare un credo religioso ed esprimere pubblicamente la propria fede”.

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