Le imponenti manifestazioni e gli scioperi in corso da giovedì sono “la risposta dei francesi alla paura di perdere diritti sociali storici, ma anche una contestazione nei confronti di un governo nel quale non hanno fiducia per attuare una riforma così cruciale“. Lo dice all’AGI l’economista e docente universitario francese Jean-Paul Fitoussi, analizzando implicazioni profondi e conseguenze del processo di riforma attuato dal presidente Emmanuel Macron.
“È in atto – secondo Fitoussi – un braccio di ferro tra l’esigenza dello Stato francese di ridurre la spesa pubblica, tagliando le pensioni che costano troppo, e dall’altra la reazione della gente che si vede impoverita, con a disposizione meno mezzi rispetto a 50 anni fa, e per giunta senza aver capito con chiarezza cosa prevede la riforma, altro fattore che genera paura“. […]
In Francia negli ultimi 25 anni sono già state operate 7 riforme delle pensioni, tutte impopolari, che quasi ogni volta hanno alimentato proteste, ma alla fine sono state adottate. “Questa volta – dice Fitoussi – è un po’ diverso. Il nodo della riforma e’ l’abolizione dei regimi speciali, conquista ottenuta progressivamente dal Dopoguerra in poi, punta di diamante del sistema pensionistico francese”, evidenzia Fitoussi in una prospettiva storica.
Un sistema destinato a generare nuove diseguaglianze
I regimi speciali tengono conto del tipo di lavoro svolto, della speranza di vita dei lavoratori ed altri fattori. È un sistema su misura che stabilisce per ogni comparto professionale età pensionabile, anni di contributi da versare e calcola la pensione da percepire in vecchiaia. “Per renderla più accettabile, questa riforma viene presentata dal governo come universale, quindi portatrice di uguaglianza sociale. In realtà la definizione di uguaglianza che ne è alla base è piuttosto superficiale.
Nei fatti, cosi come viene presentata, porterà proprio al contrario. Eliminare i criteri personalizzati, tra cui l’aspettativa di vita, è una presa in giro dei lavoratori” valuta il docente universitario. In base ai dati Ocse, tra un lavoratore con studi superiori e chi non ha titoli e svolge un’attività laboriosa c’è una differenza di aspettativa di vita di 8 anni.
Secondo Fitoussi il sistema universale a punteggio – ispirato a quello in vigore in Svezia – è destinato a generare nuove diseguaglianze sociali, pertanto più che sopprimere tutti questi regimi speciali indiscriminatamente sarebbe opportuno studiarli a fondo uno ad uno per riformarli gradualmente oltre a concepirne altri, tenendo conto delle attuali condizioni socio-economiche del Paese e delle nuove professioni. Inoltre una riforma così profonda del sistema pensionistico francese avrebbe ripercussioni anche sul livello dello stipendio percepito durante la vita attiva, soprattutto per alcune categorie particolarmente perdenti se venisse approvata.
Oggi in Francia il livello dei salari viene calcolato tenendo anche conto della ‘generosità’ delle pensioni. Chi si orienta verso professioni nel settore pubblico, come i professori o gli agenti dello Stato, accetta uno stipendio piu’ basso rispetto al privato, ben sapendo che verrà compensato con un livello di pensione piuttosto alta. Un sistema universale cancellerebbe questa forma di compensazione e non basterebbe operare aumenti salariali, come preventivato dal governo, per farlo accettare.
Il peggioramento dei servizi
“Così facendo, sul medio lungo termine avremo sempre meno giovani francesi interessati ad una carriera nel pubblico, dalla scuola alle amministrazioni, facendo mancare al Paese figure cruciali per offrire servizi pubblici di qualità, causando ulteriori danni ai cittadini” ipotizza Fitoussi.
“In questi giorni se i francesi hanno aderito così numerosi a manifestazioni e scioperi è perché facendo il confronto con la qualità dei servizi offerti nel passato, dall’ospedale alla scuola fino alla previdenza sociale, si rendono conto di un peggioramento e non ci stanno” aggiunge l’economista. A guadagnarci saranno le assicurazioni private, ma che non tutti potranno permettersi per garantirsi una pensione integrativa oltre a quella pubblica, che sarà inevitabilmente ridotta dal nuovo sistema a punteggio.
La prossima settimana il premier Edouard Philippe e l’alto commissario per le pensioni, Jean-Paul Delevoye, presenteranno la riforma nel dettaglio. “Se ragionano come dovrebbero, faranno marcia indietro su più aspetti. È in gioco la seconda parte del mandato di Macron e le prossime elezioni sono troppo vicine” prevede Fitoussi. Ma il caso della Francia in Europa non è isolato. “Parigi come altre capitali europee hanno fatto la promessa di essere buoni allievi di Bruxelles. Significa ridurre la spesa pubblica, disinvestire nei beni e servizi pubblici, limare il Welfare State, per paura del disavanzo e del debito pubblico” afferma l’autore di “La neolingua dell’economia”, uscito lo scorso ottobre in Italia.
Un sistema che non può durare senza generare violenze
Guardando oltre la contestazione dei francesi per la riforma delle pensioni, Fitoussi afferma che “dall’Ue l’intento è proprio quello di ridurre diritti e tutela dei lavoratori che di conseguenza hanno un potere negoziale e stipendi più bassi, mentre aumenta quello delle aziende private, dei profitti“. In caso di conflitto sociale quelli presentati come cattivi dalle istituzioni sono quanti denunciano un indebolimento dei propri diritti e redditi.
“Il caso della Francia è emblematico: dimostra che investire nel sociale non blocca l’economia, anzi. Da 10 anni, costretta dall’Ue a ridurre costantemente diritti sociali e Welfare State ha visto le sue performance economiche bloccate. E lo stesso avviene in molti altri paesi del vecchio continente“, valuta l’economista. “Il sistema attuale sta ampiamente dimostrando i suoi limiti e non potrà durare a lungo senza generare violenze. Siamo sempre più vicini al punto di rottura sociale. Non solo in Francia“, conclude Fitoussi.