di Aldo Grandi
Lo hanno sempre definito pesce povero, ma non per questo per il fatto, cioè, di non essere ricco, deve per forza essere cattivo. Anzi. Prendete, ad esempio, le alici o acciughe, stessa identica forma, stesso pesce, uno sott’olio e l’altro fresco. Per il resto, pesce povero sì, ma nobile, curato e catturato, sfilettato e messo in grado di stimolare i palati più sfiziosi a cominciare da quelle alici del mar Cantabrico che, pensate un po’, se invece di essere alici fossero sardine: ma ve le immaginate le sardine del mar Cantabrico nei menu dei locali più rinomati della Versilia e non solo? Il motivo è solo uno: le sardine, rispetto alle alici, sono più brutte, più tozze, più ‘ciccione’ e, a dirla tutta, almeno secondo i nostri gusti, opinabili, fanno molto, ma molto più schifo, non nel senso che le alici fanno solo un po’ schifo, ma nel senso che mentre le alici, fritte e sott’olio o anche marinate o in altri mille modi sono da urlo, cipolle comprese, le sardine, detto tra noi, vanno bene solo e soltanto se hai talmente tanta fame da non riuscire a permetterti qualcosa di meglio.
Noi che siamo cresciuti nel mare della capitale durante gli anni Settanta, quando le attuali sardine nemmeno avevano ancora visto la luce del sole, ricordiamo altri generi di pesci più o meno avariati, ma spacciati, dai soloni dell’informazione e dell’intellighenzia di Sinistra dell’epoca, come nuovi profeti degni di attenzione e di lode. Esattamente come accade oggi. Bastava, all’epoca, essere giovani, non capire un cazzo o quasi, dichiararsi antifascisti e sputare sul sistema salvo, poi, la sera, rientrare a casa dove mamma e papà avevano preparato la cena e pagato le bollette per stare col culo sulla sedia e con tutto il resto al cado nel letto, per sentirsi protagonisti della Storia. Ma la cosa peggiore è che a far credere a quelle sardine marce ingenue e marce allo stesso tempo di una volta – marce perché già scadute e strumentalizzate – erano proprio coloro che volevano a tutti i costi trovare in loro quel nuovo ariete adatto a scardinare il sistema visto che la classe operaia, molto più intelligente e storicamente attenta alla sostanza, non esisteva già più avendo lasciato il posto ad una classe senza più coscienza di ciò che era né di ciò che voleva essere.
Non a caso nelle manifestazioni studentesche delle sardine di allora i pochi operai massa come li chiamavano Piperno-Scalzone-Negri di Potere Operaio, esibivano cartelli con su scritto Viva la fica o roba del genere, segno che a loro, della rivoluzione e del sistema fregava il giusto. E non è un caso che allora come oggi, molte giovani compagne cittadine erano solite concedersi più o meno ideologicamente e non solo a quei rozzi e rustici operai delle catene di montaggio provenienti dal sud né più né meno di come, ai tempi nostrani qualche donna più donna delle altre osa mostrare la scritta: La nostra fica non è razzista.
Le sardine di quaranta anni fa non avrebbero prodotto lo tsunami che ha devastato gli anni di piombo se non ci fossero stato decine, centinaia di intellettuali o presunti tali che si sono prostituiti al Nuovo Verbo abdicando alla loro funzione, rinunciando alle proprie prerogative, cedendo alle offese, alle critiche feroci, agli sberleffi e alle offese gratuite. I giovani, diceva Benedetto Croce, devono studiare, studiare e studiare. Già, troppo faticoso, meglio e più semplice contestare e fare casino, soprattutto se si trova un’area di contiguità disposta a farci pensare di essere i portatori di una nuova Era.
Ce li ricordiamo, noi che avevamo 14-15 anni, i giornalisti-cronisti dei quotidiani romani arrivare davanti alle scuole superiori dove i giovani comunisti, quelli che volevano un mondo migliore e tutti eguali, senza consumismo e distinzioni – a proposito, ma che fine avranno fatto? Se avessero tenuto fede ai loro principi, oggi avremmo in Italia più accattoni e rivoluzionari falliti che automobili per le strade – avevano occupato le aule, mandato a calci in culo a casa i professori, eliminata la scomoda presenza del preside, insomma, la magica parola autogestione che per un adolescente ha il significato di una masturbazione convinta e ripetuta all’infinito.
Poi, le sardine erano cresciute e, in particolare, erano diventate squali o roba del genere, sicuramente vittime di una metamorfosi che le aveva trasformate in tanti barracuda o piranha in grado di mordere, fuggire, ma, soprattutto, fare del male, molto male. E fino a quando a patirne le conseguenze erano i coetanei fascisti, pace all’anima loro e chissenefrega, o ai poliziotti e ai carabinieri – vabbè, basco nero il tuo posto è al cimitero si gridava oppure mestiere assassino è il cellerino – pazienza. Quando, però, venne il turno dei politicanti da strapazzo, allora no, allora qualcosa andava fatto per porre un argine alla deriva delle sardine e alla loro tracotanza.
Oggi ci vogliono venire a insegnare, a noi che quando loro ancora dovevano puppare il latte dalle zinne della mamma, noi già avevamo mangiato abbastanza merda per comprendere che se non avessimo mosso il culo da soli, ci saremmo trovati con le chiappe per terra senza arte né parte, che il nuovo movimento delle Sardine potrà cambiare il Paese sfilando invece di nuotare, nelle piazze di questo disgraziato stivale. Solo in Italia un movimento politico di presunta rivolta – che rivolta non è – può prendere il nome da quello delle sardine, pesci ricchi sì, magari, di sostanze nutrienti, ma, alla resa dei conti, buoni a un cazzo o quasi per chi, magari, ha voglia di leccarsi i baffi con un bel branzino non d’allevamento o un pesce di pregio pescato, da solo e non in branchi come, appunto, vanno le sardine, nei nostri mari azzurri come il cielo.
Eccoli lì, esattamente come 40 anni fa: basta dirsi antifascisti, allegri, non violenti, antiqualcosa e soprattutto contro chi la pensa come loro e i vermi dell’informazione nostrana tutti lì a leccare loro il fondoschiena nella speranza che possano arginare il vero movimento politico innovatore di questa epoca: il ritorno del senso di identità, il riemergere non del fascismo o del nazionalismo, ma di una coscienza nazionale che della distruzione di ogni senso di appartenenza e di identità non sa né vuole sapere cosa farsene. Questa è la vera rivoluzione, ma i giornali servi dei padroni del sistema globale si guardano bene dal parlarne, presi e immersi nella immondizia del politicamente corretto ad ogni costo e dell’eguaglianza ridotta a omologazione.
Anche a Lucca sono nate le sardine, dicono, a e a guidarle pare sia una nostra vecchia conoscenza, simpatica e intelligente, che intervistammo un paio di anni fa in occasione delle elezioni, lui candidato in una lista, Sinistra Con, che appoggiava spudoratamente Alessandro Tambellini. La stessa persona che, se non commettiamo errori, sventolò una bandiera a Palazzo dei Bradipi subito dopo la vittoria proprio insieme all’attuale Numero Uno di via Santa Giustina. E questi sarebbero i nuovi pesci dell’acquario d’Italia? Ma fateci il piacere.
Il vero, nuovo acquario di questo disgraziato Paese è rappresentato da tutti quei pesci che invece di nuotare in branco senza spina dorsale e senza mèta, ogni mattina si alzano e vanno alla ricerca di un senso da dare alla propria esistenza. Un senso pratico, però, perché quando, care sardine, si va al supermercato a fare la spesa, alle cassiere dei vostri bei viaggetti sotto la superficie del mare fotte assolutamente un cazzo. Servono soldi, cash, carte di credito, bancomat, senza i quali la sera, a casa, non trovate il calduccio d’inverno e l’ac – aria condizionata – l’estate.
La Sinistra e quei poveri beoti dei 5Palle, il movimento più Srivoluzionario e imbelle prodotto negli ultimi anni – a Lucca Bindocci si è ridotto a rompere i coglioni in consiglio comunale alla Valentina Mercanti per una insegna luminosa natalizia fuori piazza S. Maria, ma è questo fare opposizione? Fate, ma caa! – credono al ciuco che vola e guardano alle sardine come al nuovo pesce che spiazzerà le mense di tutti gli italiani. Puah! Portateci a votare, invece di tenere il Potere stretto come un’ostrica allo scoglio o come un’attinia al suo paguro bernardo e, poi, vedrete che culo che, elettoralmente, vi faranno. E vi faremo.