NAPOLI – «Io voglio tornare a casa, perché in Libia è meglio di qui». Gli immigrati dei Cas ignorano i massacri a casa propria e così commentano i disagi e le disavventure che affrontano una volta giunti in Italia. Stamattina è stato annullato l’incontro in Prefettura coi volontari del centro sociale ex Opg che hanno raccolto in un dossier testimonianze e informazioni sullo stato di diversi Cas e sul trattamento riservato ai rifugiati ospiti («senza cibo di qualità, cure e assistenza medica» e in taluni casi lasciati senza i 2,5 euro giornalieri che gli consentirebbero almeno di prendere un autobus magari per andare a cercare lavoro) proseguendo un’opera di denuncia che ha già portato alla chiusura di un centro partenopeo.
«Dal 17 novembre – è la nota dell’ex Opg – chiediamo un incontro alla Prefettura per riferire le gravissime condizioni di centri di accoglienza in cui vivono migliaia di migranti in tutta la Campania e a Napoli in particolare. Neppure dopo il caso di Bobb Alagiee, sparato dal gestore del CAS di Gricignano d’Aversa a freddo e quasi morto, le istituzioni si sono rese disponibili. Eppure volevamo semplicemente consegnare il materiale raccolto durante le ispezioni del “Controllo Popolare” nei CAS: un dossier con interviste, audio, video e immagini che testimoniano l’orrore in cui spesso vivono i migranti. Perché chi affida alle cooperative la gestione dei CAS è la Prefettura, direttamente, e poi verifica che tutto sia in ordine, dunque insisteremo perché questo materiale sia visionato ed esaminato».
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Anche a Milano, i migranti dicono che non c’è differenza tra l’Italia e la Libia.