In questi giorni le cronache hanno riportato lo spiacevole evento di una visita fiscale disposta da INPS ad una malata terminale ricoverata in un Hospice. Fermo restando il rammarico per l’accaduto e la solidarietà e vicinanza ai familiari della lavoratrice, poi purtroppo deceduta, l’Associazione Nazionale dei medici fiscali (Anmefi) è consapevole delle fredde procedure burocratiche che feriscono la sensibilità e la dignità di cittadini vulnerabili, e per questo porge le scuse ai congiunti, a nome della categoria, per l’accaduto.
La vicenda rimanda alle sorti di quanto accadde con la cosiddetta Legge Carlotta. La signora Carlotta Finardi risultò assente alla visita fiscale mentre si stava sottoponendo a trattamento chemioterapico. In quel caso l’indignazione suscitata condusse nel 2015 ad un decreto attuativo del Jobs Act che sanciva l’esenzione dalla reperibilità anche per i dipendenti del settore privato durante le fasce orarie previste dalla legge per i pazienti affetti da patologie gravi in terapia con farmaci salvavita.
I circa mille medici fiscali italiani, professionisti in buona parte con almeno quindici anni di esperienza lavorativa specifica, pur essendo libero professionisti devono attenersi alla normativa che regolamenta la disciplina dei controlli domiciliari e che attualmente non prevede l’esenzione dalla visita per i pazienti ricoverati in strutture non ospedaliere, riabilitative, di hospice o di accoglienza nelle 24 ore. L’assegnazione delle visite ai medici fiscali avviene telematicamente su tablet, previo vaglio dei certificati da parte degli operatori dei centri medico legali dell’INPS, e dunque essi non conoscono la diagnosi del paziente che si accingono a sottoporre ad accertamento sanitario. Il medico fiscale, nella pratica, è mero esecutore di quanto disposto. Nel caso specifico il medico curante avrebbe dovuto segnalare nell’apposito spazio della “diagnosi” il ricovero nella struttura, così che il medico di controllo lo avrebbe semplicemente constatato, senza procedere a visita. Esiste inoltre il codice di esclusione “E” dalle visite fiscali richieste d’ufficio, mediante il quale il medico dell’Istituto, durante l’analisi del certificato, ha l’opportunità – da esercitare secondo ponderato discernimento clinico e medico legale – di escludere uno specifico certificato, qualora la diagnosi evidenzi una condizione di gravità tale (ad esempio oncopatie metastatiche, stati terminali, situazioni post chirurgiche di interventi demolitivi, ecc..) che sconsigli o addirittura controindichi il controllo domiciliare disposto d’ufficio.
ANMEFI, attualmente impegnata con altre sigle sindacali al riconoscimento di adeguate tutele e convenzione, tra le istanze avanzate sta trattando l’attribuzione della competenza per tutte le attività connesse alla certificazione di malattia, comprendendovi l’esclusione dei certificati con diagnosi di patologie gravi ed in regime di ricovero in strutture non ospedaliere.
Associazione Nazionale Medici Fiscali – ANMEFI