“Qualcuno dice che di fronte a fatti del genere si sta zitti – si sente dire una ragazza – (perché) delle vite umane sono state uccise. Che solo la voce di Stato si deve sentire. Ma questo a noi non ci sta bene. Non ci sta bene perché noi le lacrime per i due poliziotti uccisi non le versiamo”.
L’omicidio “scuote” la decina di manifestanti, certo. Ma loro vogliono anche capire “le cause sociali che portano a fatti del genere”, cioè a crivellare di colpi due agenti. “I due caduti hanno deciso di impugnare le armi servendo lo Stato – continua la capopopolo – La loro era una scelta consapevole. C’è chi lo fa per lo stipendio, chi perché crede di dare una mano, chi vuole un minimo di potere. Sono caduti facendo quello che facevano: cioè un servizio che danneggia la libertà. Imponendo con la forza delle leggi di altri, i quali sfruttano questi loro servizi e attraverso di essi sfruttano le masse assoggettate di ignoranti”.
Secondo il gruppetto di ribelli, gli agenti Pierluigi Rotta e Matteo Demenego avrebbero svolto “un lavoro da mercenari”. Mercenari. “Non tutti hanno scelto di comprare i fiori da mettere sulla scalinata della questura, simbolo dell’oppressione”. E ancora: “Le persone che muoiono lungo i nostri confini, in carcere, gli ultimi, non meritano lo stesso dolore e rabbia?”.
Non è ancora chiaro chi siano i protagonisti del sit in. Né quando sia avvenuto (forse sabato scorso). Secondo quanto risulta al Giornale, la Digos starebbe già indagando sull’accaduto. La pista dovrebbe essere quella anarchica, visto che nel video si nota uno striscione con scritto “La Libertà non si ingabbia” e l’inconfondibile simbolo dell’anarchia. “Nei bar della città – si sente nel video – i brindisi ci sono stati per la morte dei due poliziotti, una parte della città non piange perché sa cosa ogni giorno gli uomini in divisa fanno a chi si ribella”.
Loro, i “compagni”, non sono come la “massa addomesticata”: loro non versano lacrime per gli agenti morti per difendere la sicurezza dei cittadini. No. Preferiscono farlo “per gli ultimi, per gli sfruttati”, ma “non per chi sceglie di difendere consapevolmente gli interessi di chi ci opprime”.