Un ricorso pilota partito da Lecco che, se accolto dai giudici, potrebbe aprire la strada a rimborsi milionari nella querelle sull’aumento dei costi per ottenere il permesso di soggiorno. La sfida è stata lanciata da 50 stranieri residenti nel Lecchese, supportati dalla Cgil e dall’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione (Asgi, finanziata da Open Society di Soros, ndr), che ha avviato davanti al Tribunale di Lecco la causa collettiva, una delle prime in Italia su questo tema. Al centro del contenzioso la discussa “tassa sul migrante” introdotta nel 2011, al tramonto dell’ultimo Governo Berlusconi, con l’obiettivo di rimpinguare il fondo per i rimpatri. Costi aggiuntivi che variavano dagli 80 ai 200 euro a seconda della tipologia del permesso, in aggiunta ai costi amministrativi della pratica. «Ogni cittadino straniero prima pagava solamente il costo della marca da bollo, pari a 16 euro, 27,50 euro per la stampa del documento e 30 euro per la spedizione postale», spiega Serena Piva, responsabile dell’Ufficio migranti Inca Cgil Lecco. Un “balzello” che però ha avuto vita relativamente breve.
La vicenda è spiegata da IL GIORNO. Nel 2015 la Corte di Giustizia europea ha dichiarato che questo contributo era «sproporzionato» in quanto rendeva economicamente difficoltoso l’accesso degli stranieri al regolare permesso di soggiorno. Il Tar del Lazio e il Consiglio di Stato hanno annullato il decreto ministeriale che aveva disposto gli incrementi, riconoscendo che l’amministrazione avrebbe dovuto fissare nuovi importi purché «non eccessivi» e disciplinare la restituzione di quanto pagato in eccesso. A questo punto si inserisce la battaglia degli stranieri residenti nel Lecchese. Hanno presentato formalmente la richiesta di rimborso di parte del denaro speso per la pratica, senza ricevere risposta.
L’istanza è rimasta finora lettera morta, e loro hanno deciso di tentare la strada della causa collettiva contro lo Stato, trovando una sponda nel sindacato.
«La Cgil è sempre dalla parte di coloro che subiscono ingiustizie», sottolinea Elena Lattuada, segretario generale Cgil Lombardia. Una battaglia giudiziaria che, in caso di esito positivo per i ricorrenti, potrebbe aprire la strada a una pioggia di richieste di rimborso. «In tutta Italia i titolari di permesso a tempo determinato sono 1.134.000 – sottolinea l’avvocato Alberto Guariso, legale dell’Asgi – e lo Stato si sta trattenendo indebitamente una cifra che stimiamo sia superiore ai 160 milioni. È un caso clamoroso di un debito non restituito e nessuna amministrazione si sta attivando per porre rimedio a questa ingiustizia». Secondo Elena Lattuada la causa pilota «vale per Lecco, per la Lombardia e per tutto il territorio nazionale». Diego Riva, segretario generale della Cgil Lecco, rilancia l’appello al Governo: «Rispetti gli esiti della Corte europea».