Sulle varie chat della Lega il popolo dei militanti e dei gazebisti e’ tutto in tripudio con applausi e cuoricini per una vittoria abbastanza scontata ma che di certo non rappresenta un trionfo leghista.
D’altronde in una regione dove i grillini hanno avuto la faccia tosta di sostenere proprio il sistema politico-affaristico che avevano denunciato, era ovvio che avrebbero perso e con loro gli zingarettiani. Furbizia politica allo stato zero.
Tuttavia come abbia fatto il nostro caro Matteo a perdere 17.000 voti rispetto alle europee, nonostante abbia letteralmente preso la residenza in riva al Trasimeno e nonostante abbia scattato più selfie che voti, questo non è dato saperlo. Però abbiamo un dato di fatto. Quella in Umbria e’ la vittoria della Meloni (che quasi raddoppia) e di tutto il centrodestra.
Un altro dato di fatto e’ che la Lega, se non è cresciuta in Umbria, non crescerà altrove, e non crescerà neanche in Emilia Romagna e in Toscana, dove avremo a che fare con la resurrezione renziana, profetizzata ma ancora non avveratasi nella terra di San Francesco.
In Toscana poi, se si pensasse che per vincere sia sufficiente l’onda lunga della vittoria in Umbria e che per trionfare basti a dare il via libera alla leonessa Susy, così brava in Europa ma un po’ meno nelle vicende locali, allora si dimostrerebbe una evidente mancanza di lucidità tale da mettere in difficoltà il capitano e determinarne davvero un’inversione di tendenza.
Infine i furbissimi dei 5 Stelle.
Il voto dell’Umbria (e le voci di inchieste su Conte) portano dritti dritti alla crisi di governo, il cui epilogo, per senso di (ir)responsabilità e poltronismo parlamentare porterà di sicuro Mario Draghi a Palazzo Chigi. Con buona pace dei poteri forti, che con la benedizione sacerdotale di Verdini e di Bergoglio vedranno trionfare l’opportunismo renzista, in salsa euro-macroniana.
FP