Torino, l’ombra degli estremisti sulla moschea patrocinata dal M5s

Nella Torino pentastellata di Chiara Appendino, che si candida ad accogliere la prima banca islamica dello Stivale, il Comune terrà a battesimo la controversa apertura di una moschea.  La locandina verde Islam che annuncia l’inaugurazione, prevista per questo sabato in via Aquila 34, parla di centro culturale islamico. Scorrendo la pagina Facebook dell’associazione, però, sembra di capire che si tratti di una moschea vera e propria.

Questo il primo nodo da sciogliere. È un luogo di culto o un circolo culturale? In passato, sempre negli stessi locali, qualcuno aveva già provato ad aprire una moschea clandestina. L’associazione islamica “Biladi” aveva preso in affitto l’immobile, avviando dei lavori di ristrutturazione senza autorizzazione. Un progetto intralciato dai residenti che avevano dato l’allarme, insospettiti dall’insolito viavai di persone cariche di materiali edili, facendo scattare il sequestro.

Stavolta, invece, avviene tutto alla luce del sole e con il patrocinio delle istituzioni. E chi all’epoca denunciava “il rischio banlieu” anche nei quartieri popolari di Torino dovrà farsene una ragione. Al taglio del nastro presenzierà Gabriele Iungo, convertitosi all’Islam con il nome di Shayk Ibrahim. Un personaggio controverso che nel 2011 promosse una petizione a favore del niqab, il velo integrale saudita, assieme a Maria Giulia Sergio, la prima foreign fighter italiana a essersi unita alle bandiere nere nel 2014.

Fatima (Maria Giulia Sergio)

La Sergio, conosciuta nel network jihadista con il nome di “Fatima”, è stata condannata in contumacia a nove anni di carcere per terrorismo internazionale. Una pena che non ha scontato. Notizie della donna non se ne hanno più e il sospetto è che sia deceduta nella polveriera siriana. Già nel 2009, Iungo e la Sergio erano stati ospiti di Pomeriggio Cinque e dagli studi Mediaset avevano difeso a spada tratta il velo.

Coincidenze che hanno fatto saltare sulla sedia Augusta Montaruli e Maurizio Marrone, rispettivamente deputato e consigliere regionale di Fratelli d’Italia. “Il logo istituzionale della Città di Torino – denunciano i due – viene sporcato anche da ombre inquietanti di integralismo contiguo al Califfato, una vergogna che segna l’apice di un percorso intrapreso da Appendino con il patrocinio comunale alle feste islamiche, le piscine vietate agli uomini perché riservate alle donne musulmane e l’apertura alla finanza coranica”.

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