Chi dice: “meglio un brutto processo che un bel funerale”, non è mai passato per le aule di giustizia
di Paolo Grassi (Poliziotto) – www.poliziotti.it
Non sappiamo farlo. Non sappiamo affrontare un problema prima che questo non ci travolga completamente. Leggi speciali, decreti , provvedimenti urgenti, eppure i problemi sono talmente evidenti, radicati e noti che dovrebbero essere stati risolti da decenni. Ma noi non sappiamo farlo. Una volta pensavo che non c’era sufficiente coraggio, ora no, ritengo che non ne abbiamo le capacità. Il coraggio ce l’ha chi ancora sta sulla strada, gli ultimi, che nonostante TUTTO, indossiamo l’uniforme e scendiamo in strada.
Sarei bugiardo se scrivessi, con la stessa dedizione di sempre, non sarebbe giusto e neanche normale, bisognerebbe essere troppo masochisti. Si scende in strada con consapevolezze diverse, oltre a dover riportare la pellaccia a casa, dobbiamo stare attenti o non prestare il fianco alle foto dei probi cittadini “sempreprontiabeccareglisbirraccicattivi”, alle false denunce di chi magari devi controllare che quasi mai ha qualcosa da perdere, alle pretese, il più delle volte fuori da ogni comprensione, di chi ti dirige che teoricamente dovrebbe essere il primo a tutelarti . Messi da parte questi brutti pensieri, poi ci sono gli interventi. Liti, droga, furti, droga, scippi, droga, rapine, droga, omicidi, droga, abbandono, droga.
Non è una ripetizione, non mi sono sbagliato a scrivere era solo per sottolineare che nella stragrande maggioranza di ciò che ci capita ritorna sempre lo stesso comune denominatore. Ma sono impressioni, la droga non esiste.
“ Meglio un brutto processo che un bel funerale”, per anni ci siamo ripetuti questa frasetta, poi sono iniziati i brutti processi, perché ovviamente la magistratura nei confronti di chi difende la legge è (giustamente ?) implacabile, spesso inusualmente rapida se consapevole di poter giungere a condanna oppure inusualmente lenta se consapevole di avere comunque poche possibilità ma senza rinunciare agli eventuali scoop mediatici che, in fondo in fondo, fanno sempre bene alla carriera. D’altronde è facile prendere decisioni per le quali non si avranno mai alcune responsabilità, lo si può fare in completa tranquillità e senza troppi pensieri. I pensieri e le preoccupazioni, invece, ce li teniamo noi.
I brutti processi durano anni, durante i quali spesso sei lasciato solo a difenderti non solo dalle accuse ma peggio ancora dai mass media, dai grandi giornali che non esitano a stritolarti, distruggerti, massacrarti, tu che non hai nemmeno un ufficio stampa, che non hai uno stuolo di legali ma il più delle volte un amico o un legale magnanimo che ti aiuta perché “fesso” come te che crede ancora nel buon senso, nella Giustizia e nella Costituzione. I brutti processi non ti uccidono subito come potrebbe farlo una coltellata al cuore, ti consumano lentamente, prima perdi i colleghi, poi gli amici, poi i familiari e alla fine magari finisci pure per essere assolto per non aver commesso il fatto, cosa che avevi sempre saputo, magari preferivi una condanna cosi accettavi meglio il fatto di aver comunque perso tutto da colpevole. Invece hai perso tutto da innocente.
Il bel funerale invece ti esonera da tutto, la tua famiglia sarà provata, un po’ meno del brutto processo, perché sarà attorniata dalla solidarietà vera o presunta che sia, magari avranno un riconoscimento, un premio in denaro, una pensione più decente di quella che magari avrei percepito se fossi arrivato fino in fondo (Fornero permettendo). Si i miei figli cresceranno senza un padre o meglio nel ricordo di un padre eroe, avranno però diritto ad un posto di lavoro, con il brutto processo sarebbero cresciuti con una padre indegno, descritto come violento, come assassino senza scrupoli, mi avrebbero rinnegato ben più di tre volte.
Infine il bel funerale avrebbe unito cuori e anime, che, per qualche minuto si sarebbero sentiti cittadini di uno stesso Stato, per poi tornare, tutti, ognuno nel proprio.
Paolo Grassi (Poliziotto)