Per lei si erano mossi comitati e pagine social, il suo caso la scorsa primavera aveva fatto scalpore e indignato tutta Italia: la piccola Angela, una ragazzina bresciana di dieci anni, in seguito alla separazione conflittuale tra i genitori era stata allontanata dalla mamma e affidata a un padre, la cui condotta aveva non pochi lati oscuri, in nome di una presunta sindrome non acclarata dalla comunità scientifica, la controversa PAS (Sindrome da Alienazione Parentale), secondo la quale uno dei genitori compromette il rapporto dei figli con l’altro, parlandone male, tracciandone un pessimo ritratto. Sulla base di questa presunta sindrome questa bambina è stata costretta a soffrire per la mancanza della mamma e per la costrizione a frequentare un padre che proprio non voleva vedere. Il tribunale di Brescia non si era limitato soltanto ad etichettare la madre come “alienante” della figura paterna, ma aveva vietato persino che mamma e figlia si parlassero e abbracciassero, sebbene si vedessero tutti i giorni all’interno della scuola che entrambe, per studio e per lavoro, frequentano. E tutto questo nonostante i Servizi sociali fossero concordi nel ritenere la signora una mamma attenta e amorevole: il tribunale di Brescia, però, aveva dato credito a un perito di dubbie capacità, già vent’anni fa oggetto di un’interpellanza al Senato per il suo operato alquanto dubbio.
«Una sentenza se non storica, per lo meno importante quella assunta dalla Corte di Appello di Brescia, perché mette da parte sindromi e presunte malattie, ponendo al centro esclusivamente il benessere del minore» dichiara l’avvocato Miraglia, che aveva messo in luce questo controverso caso. La Corte infatti sentenziando il ritorno della piccola Angela con la madre ha enunciato che «per la minore parlano le relazioni dei Servizi sociali, che danno prova di una vera sofferenza della stessa, che va indagata e non classificata»: per la prima volta, quindi, viene tenuta in considerazione la sofferenza dei bambini nell’essere strappati di punto in bianco dai loro genitori.
«La Corte d’Appello ha avallato principi fondamentali che potranno essere tenuti in considerazione per future sentenze» prosegue l’avvocato Miraglia. «Siamo pertanto molto soddisfatti e invitiamo i tribunali a guardarsi bene da consulenti che pur di sostenere un’associazione o una teoria, causano soltanto danni ai bambini. I bimbi vanno invece aiutati! Questa sentenza non favorisce un genitore a discapito dell’altro, ma pone al centro della decisione esclusivamente il benessere del minore. Il punto focale della decisione è, come deve essere, solamente il bambino».
Avvocato Francesco Miraglia