George Papadopoulos è un personaggio chiave del Russiagate. Per il suo ruolo dentro il comitato consultivo per la politica estera nella campagna elettorale di Donald Trump alle presidenziali del 2016. Per aver reso all’Fbi dichiarazioni false a fine 2017 divenendo centrale nella maxi-inchiesta portata avanti dal procuratore speciale Robert Mueller contro il presidente americano. Per essere stato il primo condannato del Russiagate, per cui è stato in carcere. In un’intervista alla Verità, il teste chiave dell’inchiesta parla dell’Italia e dei rischi per Matteo Renzi di quanto potrebbe emergere sulla genesi del Russiagate.
Papadopoulos racconta che lavorava al London centre of international law practice (Lcilp) quando gli arrivò la chiamata dello staff di Trump, e ricorda che gli venne consigliato un viaggio verso Roma, alla Link Campus University per entrare “in contatto con alcune persone in grado di aiutarmi con Trump e la Russia”. Era metà marzo 2016, ricorda:
“Ho subito capito che la Link non era un’università normale. Quando arrivai, assistetti a un meeting tra alcuni funzionari dell’intelligence italiana, membri dell’opposizione libica e Vincenzo Scotti”
A margine di quell’incontro, ricorda Papadopoulos, l’ex ministro oggi presidente dell’ateneo gli presentò Joseph Mifsud.
“La sera stessa, a cena, parlammo di due argomenti: il settore energetico e la campagna elettorale di Trump. Mifsud si vantò di conoscere numerosi leader europei e di essere bene inserito al Dipartimento di Stato, e disse che avremmo dovuto rimanere in contatto”… “Mentre ero a Londra Mifsud mi contattò proponendomi di incontrare la nipote di Vladimir Putin”
Mifsud nel Rapporto Mueller viene individuato come un agente russo. “Ritengo improbabile – afferma Papadopoulos – che le agenzie di intelligence abbiano permesso che un agente russo agisse indisturbato alla Link Campus, notoriamente vicina alla Cia e all’Fbi”. Per lui, invece, “la Cia e l’Fbi hanno usato persone come Mifsud per spiare il mio lavoro sull’energia e sabotare la campagna presidenziale”. Papadopoulos aggiunge che da sue fonti “Mifsud si trova ancora in Italia” e accentua il ruolo di Vincenzo Scotti: “In confronto a lui, Mifsud è lo stupido del villaggio. Sono convinto – dice – che Barr dovrebbe parlare con lui”.
Papadopoulos si schiera a favore della controindagine che Donald Trump e i suoi più fidi collaboratori – da Mike Pompeo a William Barr – stanno portando avanti per smontare il Russiagate. “L’Italia farebbe bene a cooperare” dice alla Verità, e tira direttamente in ballo Matteo Renzi.
“Penso che Matteo Renzi sia stato usato da Barack Obama per attuare questo colpo basso nei confronti di Trump e che ora Renzi rimarrà esposto e a causa di questa storia la sua carriera politica verrà distrutta, così come quella di altri esponenti di sinistra in Italia. Ritengo impossibile che un’operazione del genere si potesse svolgere senza che il Governo dell’epoca ne fosse a conoscenza. Renzi stava prendendo ordini da qualcuno ed era ben felice di obbedire”.
Russiagate, Renzi: denuncio Papadopoulos, lede la mia reputazione