L’incredibile sentenza con cui ieri il tribunale dell’Aia ha assolto un medico per aver ucciso con un’iniezione letale una paziente affetta da demenza potrebbe cambiare radicalmente la somministrazione dell’eutanasia in Olanda. Secondo il giudice Mariette Renckens, la dottoressa Catharina A. ha agito con tutte le precauzioni del caso. La procura che voleva la condanna, riporta il Guardian, potrebbe fare ricorso.
SEDATA DI NASCOSTO E UCCISA
Il caso, il primo a finire davanti a giudici dall’approvazione della legge sull’eutanasia nel 2002, è stato più volte raccontato da tempi.it. Una donna anziana ultrasettantenne affetta da demenza aveva redatto un testamento biologico nel quale dichiarava che avrebbe desiderato l’eutanasia se fosse stata rinchiusa in una casa di riposo, ma solo «su mia richiesta quando riterrò che sia giunto il momento».
Nel 2016 la donna, rinchiusa in una casa di riposo, manifestò diversi segni di insofferenza senza però mai chiedere l’eutanasia. La famiglia decise che era giunto il momento che la donna morisse, senza informarla per non causarle sofferenza. Così, il giorno stabilito, il medico drogò l’anziana versandole un sedativo nel caffè. Dopo la prima delle tre iniezioni necessarie, la donna si svegliò, cercando di divincolarsi. Il medico, aiutato dalla famiglia, immobilizzò la donna e terminò la procedura, uccidendola.
VERIFICARE LA VOLONTÀ «NON È NECESSARIO»
La commissione di controllo dell’eutanasia inviò il fascicolo alla procura, ritenendo che il medico avesse violato la legge, «oltrepassando il limite». Il giudice però ha sentenziato ieri che il medico non ha fatto altro che rispettare il testamento biologico. Secondo il tribunale, la dottoressa A. non doveva verificare la volontà della paziente perché questa «precauzione non necessaria» avrebbe minato il concetto stesso di dichiarazione anticipata di volontà dell’eutanasia.
La procura potrebbe fare ricorso perché, secondo il pubblico ministero, non basta un testamento biologico per uccidere una persona, bisogna prima assicurarsi se quella persona vuole morire nel momento in cui le viene somministrata l’eutanasia. Il ragionamento è semplice: morire dovrebbe essere un diritto, non un dovere.
DOVE SONO DIGNITÀ E AUTODETERMINAZIONE?
La sentenza fa crollare il castello di carte ideologico sul quale si fonda l’eutanasia, e cioè dare il diritto al paziente di decidere della propria vita fino alla fine, facendo trionfare la volontà e l’autodeterminazione del singolo. Può la parola “dignità”, caposaldo delle leggi sull’eutanasia in tutto il mondo, essere spesa quando una donna viene drogata di nascosto e uccisa dopo essersi battuta anche fisicamente per vivere? In Olanda sì.
Leone Grotti – – TEMPI.IT