Il popolo non conta piu’ niente nemmeno in democrazia

di Aldo Grandi

I cani quelli no, non li abbiamo visti se non, ogni tanto, al guinzaglio dei loro padroni, ma di porci, ebbene, soprattutto ad alta quota, passando dal versante orientale a quello occidentale al centro dell’Ile de Beauté, ne abbiamo scorti. Ma si trattava di porci lontani anni luce da quelli cui siamo abituati a queste latitudini, soprattutto, a quelle romane. Porci sì, ma che vagavano in mezzo alla strada e non certo su auto blu, magri e senza un filo di grasso, abituati a cibarsi dei frutti del sottobosco mentre i loro fratelli cresciuti nella capitale vivono in ben altro sottobosco e, in particolare, amano mangiare a quattro ganasce ben altre portate. Pensavamo, invero, che trascorrere alcuni giorni sul molo, ma al di là del mare, ci avrebbe aiutato a recuperare fiducia e speranza e a stemperare la rabbia accresciutasi in questi ultimi tempi a seguito del colpo di stato strisciante posto in essere dai servitori nostrani dello straniero, dei leccaculo e delle puttane al servizio degli organismi sovranazionali. Purtroppo non ci siamo riusciti.

Anche a così tanti chilometri di distanza, in mezzo ad un mare così trasparente che più trasparente non si può, è stato impossibile non avvertire il tanfo dei miasmi provenienti dalle istituzioni politiche che, a Roma, si sono spartite il potere alla faccia e alle spalle del popolo delegittimato e privato della sua sovranità grazie a manovre di corridoio che ad altro non sono servite se non ad allontanare ancora di più il paese reale dal paese legale, la gente comune da coloro che dovrebbero rappresentarla, la ragione dal buonsenso popolare.

Cani e porci dicevamo, ma è un complimento. In un mondo politico dove i cani e i porci sono la maggioranza, a qualunque età e partito, si lamenta l’assenza degli esseri umani. Provenienti da un evo e da una epoca storica in cui chi abita da sempre un territorio è il solo a poterlo e doverlo proteggere e difendere, siamo ritornati via nave in quel di Livorno, città dove la mediocrità e il degrado sono patrimonio del Dna e impossibili da modificare. Appena rientrati abbiamo appreso la nuova squadra di Governo, questa sorta di lazzaretto che si appresta a governare, si fa per dire, un paese ormai privo di identità e spremuto a dovere dai veri traditori che si annidato nei palazzi della politica romana e in quelli dell’Oltretevere abitati dall’omino vestito di bianco e dai suoi seguaci svenduti al mondialismo che abbatte ogni differenza – non diseguaglianza – in nome di un appiattimento sociale e umano che offende la dignità di ogni individuo.

Questo Governo formato per non permettere al popolo di scegliere da chi essere governato è soltanto un burattino nelle mani dell’Unione Europea, dei mercanti di schiavi del nuovo mondo, di coloro che detengono milioni di vite premendo un bottone e trasferendo capitali da uno stato all’altro, di politicanti da strapazzo che vivono oltreconfine e che pretendono di decidere la vita dei popoli senza rispettarne i desiderata.

Il nostro disprezzo per il partito democratico, il presidente della Repubblica, il Pentastellati, tutte le altre comparse di questo teatrino di cartapesta è massimo, indicibile, tale da farci vomitare per lo schifo e per il disgusto di dover ancora una volta, come accadde l’8 settembre 1943, prendere atto che il popolo non conta niente nemmeno in democrazia dove intellettuali e servi di regime si sciacquano la bocca con le parole del politicamente corretto.

Cani e porci, in questo stivale sfasciato, la fanno da padroni, ma a differenza dei veri cani e dei veri porci, pretendono di avere una dignità che non meritano né hanno e di essere anche più intelligenti mentre, al contrario, sono solamente più brutti, sporchi e cattivi.

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