I vari studi criminologici sulle mafie nigeriane confermano che dagli anni ’80, il crimine organizzato nigeriano si è ramificato in tutto il mondo. Tra i vari Paesi in cui ha attecchito stabilendo solide radici vi rientra senza dubbio l’Italia. Ci siamo chiesti quindi quali potrebbero essere le motivazioni per l’arrivo del crimine organizzato nigeriano in Italia. Non vi sono dubbi circa il fattore principale: le mafie seguono i flussi di denaro. Questo ha motivato le organizzazioni criminali nigeriane a muoversi verso il nostro Paese e tramite esso invadere anche l’Europa.
Il fenomeno migratorio cominciò con la grande crisi degli anni ‘80 che portò la Nigeria verso la corruzione endemica e la più grande depressione economica del Paese. Questi eventi purtroppo hanno significato nuove opportunità di lavoro all’estero e quindi molti nigeriani emigrarono soprattutto avendo come meta il nostro Paese. Ovviamente assieme a tante brave persone nel flusso migratorio si mossero anche molte componenti della criminalità organizzata locale.
La Nigeria è il paese più popoloso dell’Africa, quindi, statisticamente, ha anche numero maggiore di persone coinvolte in attività criminali. Molti laureati disoccupati con ottime competenze informatiche hanno approfittato del boom dell’informatica negli anni ’90 e sono diventati specialisti nel settore dei crimini informatici. La famosissima truffa alla nigeriana è una truffa postale, sia informatica sia tradizionale, tra le più diffuse al mondo, inventata nel 1992 per lettera e nel 1994 per e-mail. Esistono numerose varianti ma in genere si presenta uno sconosciuto che non riesce a sbloccare un conto in banca di milioni di dollari, questi, sarebbe un personaggio noto che avrebbe bisogno di un prestanome che si occupi dell’operazione al suo posto in cambio di una percentuale. L’ammontare del raggiro è molto remunerativo senza che le autorità possano davvero fare qualcosa per fermare il fenomeno. Può sembrare assurdo ma da questa semplicissima truffa ha inizio il crimine transnazionale nigeriano.
In Italia, i gruppi criminali nigeriani ormai hanno stabilito partnership con tutte le mafie locali (ndrangheta, camorra, mafia siciliana, mafie pugliesi). Alcuni membri della mafia nigeriana confermano il dato già noto a noi studiosi della materia che i nigeriani s’ispirano alla struttura e ai metodi operativi delle famiglie mafiose italiane, usando l’intimidazione per gestire le loro attività e cercando di governare sia le imprese legali sia illegali attraverso il sistema delle estorsioni.
I gruppi criminali nigeriani hanno avuto un tale successo nel mimare le famigerate famiglie che la polizia italiana ha iniziato a considerarle “mafia”. Possiamo affermare senza timore di smentita che la mafia nigeriana oggi in Italia ha una struttura attiva, partenariati internazionali e una strategia criminale ben pianificata. L’arrivo di un gran numero d’immigranti nigeriani per le mafie autoctone ha significato all’inizio poter appaltare alcune attività criminali meno remunerative. Nel tempo però il crimine organizzato nigeriano si è affermato grazie alla grande richiesta di prostitute nigeriane e ha portato nel mercato italiano cocaina e soprattutto crack.
Agli inizi degli anni novanta, i locali notturni iniziarono ad assumere buttafuori nigeriani come sicurezza, sostituendo gli italiani che erano più inclini alla violenza e attiravano l’attenzione indesiderata della polizia. Questo ha dato una risorsa di marketing ai nigeriani coinvolti nella droga, che hanno potuto ampliare il loro mercato vendendo nei locali notturni. Questo ha consentito loro di affermarsi come spacciatori della catena di distribuzione di cocaina e crack.
La mafia nigeriana, prima di stabilirsi in Italia, ha creato sempre accordi di non belligeranza con le mafie autoctone. Per introdurre la droga in Italia, i nigeriani, utilizzano corrieri remunerandoli con circa tremila euro per ogni trasporto andato a buon fine. Si tratta soprattutto di donne, provviste di regolari permessi di soggiorno, che sono utilizzate non più di due o tre volte per evitare che la ripetizione dei visti insospettisca la polizia di frontiera. Ad alcune di queste donne particolarmente fedeli all’organizzazione è conferito il titolo di “maman” per avviarle alla gestione delle prostitute (vere e proprie schiave sessuali) di esclusiva origine nigeriana.
Altro settore sotto controllo delle mafie nigeriane è l’accattonaggio. Quando, cedendo al sentimento di umana pietà, regaliamo un euro all’immigrato che ci attende fuori dal supermercato, al semaforo, davanti al ristorante o al bar, è bene sapere che, di quell’euro, forse neppure cinque centesimi gli rimarranno in disponibilità. Il resto finirà all’organizzazione che lo controlla e cioè ai nigeriani. E’ un settore molto redditizio che va tutto a beneficio della mafia nigeriana. Se si pensa alle molte centinaia di fonti, da cui questo flusso di denaro proviene (parcheggi, questua, prostituzione, spaccio, caporalato), si parla d’ingenti guadagni che nessuna attività legale è in grado di eguagliare. Guadagni che la mafia nigeriana utilizza per acquistare droga, cercare altre rotte di smercio, aprire attività di copertura, come centri interculturali, circoli ricreativi e negozi etnici. In quasi tutte le regioni italiane a organizzare il caporalato sono i mafiosi nigeriani che schiavizzano gli altri clandestini sfruttandoli in condizioni totalmente disumane.
Nell’ultima relazione antimafia la DIA conferma che le cosche nigeriane sono radicate in almeno sette regioni: Lazio, Campania, Calabria, Piemonte, Puglia, Sicilia e Veneto, dove trattano da pari a pari con la malavita italiana e ci sono otto città che sono i loro capisaldi: Torino, Verona, Bologna, Roma, Napoli, Palermo, Bari, Caserta. I pentiti e le tante operazioni di polizia rivelano che anche Padova, Macerata, Ferrara e nella piccola regione del Molise sono entrate a far parte di questo elenco e che in Sardegna, a Cagliari in particolare, c’è un forte radicamento dei Supreme Eye, mentre in Lombardia cominciano a farsi vedere anche i cd. colletti bianchi della mafia nigeriana nel bresciano, nell’hinterland milanese e nella bergamasca.
Stando alle ultime indagini la mafia nigeriana avrebbe messo in piedi un altro orribile mercato che riguarda il traffico di esseri umani e di organi. Il mercato è così florido che esiste anche un listino prezzi: un rene varrebbe cinquantamila euro, le cornee ventimila, il midollo ventimila e il cuore, duecentocinquantamila euro. La grande adattabilità della mafia nigeriana è il suo punto di forza e le modalità operative diverse per ogni gruppo fanno sì che agli inquirenti resti incomprensibile e difficile da perseguire la loro attività criminale.
Le nostre mafie si nutrono tramite il condizionamento delle attività economiche, passando per la corruzione di politici, pubblici funzionari, imprenditori, appalti ottenuti illegalmente, minacce e intimidazioni, per ottenere il controllo del territorio. La criminalità nigeriana invece non essendo in grado di agire come le mafie autoctone si dedica a tutto ciò che non interessa direttamente alle mafie locali e gli accordi di non interferenza di conseguenza giocano a favore sia dell’una sia dell’altra organizzazione criminale.
Il primo germoglio criminale nasce proprio nei centri di accoglienza, mentre uno dei fattori in grado di alimentare questa giro potrebbe essere anche il flusso degli sbarchi. Dalla Libia sono reclutate e obbligate a imbracarsi giovani donne nigeriane, le quali una volta in Italia sono messe sui marciapiedi, costringendole non solo a prostituirsi ma a diventare schiave nei campi e nelle imprese italiane. I soldi ricavati da prostituzione e droga, pertanto, sono il carburante che tiene in vita le varie cellule africane che sono il vero cordone ombelicale della mafia nigeriana.
Secondo il Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato alcuni arrestati membri del clan Vikings avevano come base operativa il Cara di Mineo, in provincia di Catania. Pertanto, anche i centri di accoglienza andrebbero maggiormente attenzionati. Questa nuova mafia sta diventando sempre più potente e pericolosa ma giacché è quasi invisibile agli occhi dei più ed è poco conosciuta dall’opinione pubblica e dall’associazionismo antimafia, se ne parla troppo poco. Forse è arrivato il momento di affrontare più seriamente il problema!
Vincenzo Musacchio – Presidente dell’Osservatorio Antimafia del Molise