Un nuovo deterioramento del manifatturiero dell’area euro, che ha subito il calo più forte di produzione da 5 anni a questa parte, sta mettendo in bilico la crescita generale dell’area euro, secondo i risultati di luglio delle indagini tra i reponsabili degli acquisti delle imprese. In queste inchieste i 50 punti sono il limite tra aumento e calo dell’attività e il Purcasing managers index generale è calato a 51,5 punti, secondo i dati della società di ricerche Ihs Markit, dai 52,2 di giugno.
Sulla aziende del terziario l’indebolimento è stato contenuto, il relativo indice Pmi è sceso a 53,3 punti a lugli da 53,6. Sulla produzione manifatturiera invece l’indicatore è crollato a 47 punti da 48,5 del mese precedente, con l’indice generale sul settore da 46,4 punti, minimo da 79 mesi, dai 47,6 di giugno. Secondo Markit il flusso generale dei nuovi ordini è rimasto quasi stagnante e l’ottimismo è crollato al valore più basso dalla fine del 2014, spingendo le aziende ad una maggiore cautela nell’assumere personale.
Il tono modesto dell’espansione generale maschera una sempre più profonda divergenza, la maggiore da aprile 2009, tra il settore manifatturiero e terziario. Il perno principale di questo indebolimento continua ad essere il commercio con l’estero, compreso quello all’interno dell’eurozona. Le esportazioni hanno infatti indicato il calo più marcato da quando i dati relativi a beni e servizi sono disponibili, ovvero fine 2014. Secondo il capo economista di Markit, Chris Williamson, i dati suggeriscono che il generale tasso di crescita del Pil dell’eurozona potrebbe indebolirsi ad uno 0,1% nel terzo trimestre. Per arrivare ad essere negativo (recessione) nel quarto. nazionalista.it