Non può rilasciare interviste perché è ai domiciliari in un’abitazione di Lampedusa. Tramite gli avvocati ricostruisce però i motivi che l’hanno portata a forzare il blocco della Guardia di finanza e la dinamica dell’urto con la motovedetta delle Fiamme Gialle. “La situazione era disperata – ha fatto sapere la trentunenne tedesca che verrà sottoposta ad interrogatorio di garanzia nei prossimi giorni -. E il mio obiettivo era solo quello di portare a terra persone stremate e ridotte alla disperazione.
Avevo paura”, “da giorni facevamo i turni, anche di notte, per paura che qualcuno si potesse gettare in mare. E per loro, che non sanno nuotare, significa: suicidio. Temevo il peggio”, ma “mai, mai, mai nessuno deve pensare che io abbia voluto speronare la motovedetta della Finanza”, “ho compiuto un errore di valutazione nell’avvicinamento alla banchina”.
“Ha speronato e quasi schiacciato la motovedetta della Gdf”: ecco le accuse al comandante della Sea Watch3 – – “Erano iniziati atti di autolesionismo tra i migranti. Temevo si arrivasse ai suicidi”, “non è stato un atto di violenza. Solo di disobbedienza. Ma ho sbagliato la manovra” – ha detto, in un colloquio con il Corriere della Sera attraverso i suoi legali, la capitana della Sea Watch 3, Carola Rackete.
Il capitano Rackete si appella allo stato di necessità – – “Non potevo continuare a rischiare che andassero avanti gli atti autolesionistici. Però ho tentato di avvertire – ha spiegato – ho chiamato più volte il porto, ma nessuno parlava inglese. Però ho comunicato che noi stavamo arrivando”.