di Antonio Amorosi – – E’ tutto un inganno. I consumatori europei sono certi di acquistare i prodotti che vedono? Sembra proprio di no. Un terzo dei prodotti alimentari venduti in Europa inganna i consumatori. Sull’etichetta c’è scritta una cosa ma come contenuto ne compare un altro. Secondo la normativa Ue, sono illecite e sleali le attività di marketing che promuovono un prodotto come identico ad un altro commercializzato in un altro stato Ue, quando invece il prodotto è diverso.A comunicarlo è uno studio pubblicato il 24 giugno del Centro comune di ricerca JRC, il servizio interno della commissione europea per la scienza e la conoscenza sulle differenze di qualità degli alimenti.
Il fenomeno è diffuso in ogni angolo d’Europa. La ricerca si è occupata di mettere a confronto 1.400 prodotti alimentari in 19 paesi diversi dell’Unione. Il 9% differiva per composizione anche se la parte anteriore della confezione era identica. Un 22% dei prodotti invece ha una differente composizione anche se la scritta sulla confezione è solo simile.
Gli Stati membri che hanno partecipato all’indagine sono: Bulgaria, Cipro, Croazia, Danimarca, Estonia, Francia, Germania, Grecia, Italia, Lettonia, Lituania, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia, Spagna e Ungheria. Ora le autorità nazionali dei vari Paesi potranno, se vorranno, effettuare le analisi necessarie a individuare le pratiche ingannevoli vietate dal diritto dei consumatori dell’Unione.
Sin dal suo discorso sullo stato dell’Unione del 2017 il presidente Jean-Claude Juncker si è impegnato ad affrontare il problema delle differenze di qualità dei prodotti ma i risultati restano impressionanti.
Tibor Navracsics, Commissario per l’Istruzione, la cultura, i giovani, lo sport e responsabile per il Centro comune di ricerca, ha dichiarato: “Se da un lato mi fa piacere che non vi sia alcuna prova di un divario tra est e ovest nella composizione dei prodotti alimentari di marca, dall’altro mi preoccupa il fatto che per quasi un terzo dei prodotti analizzati sia stata rilevata una composizione differente nonostante il marchio identico o simile”.
La Commissaria responsabile per la Giustizia, i consumatori e la parità di genere, Věra Jourová, ha detto: “Nel mercato unico europeo non saranno ammessi doppi standard. Con le nuove norme che penalizzano le differenze di qualità e rafforzano i poteri delle autorità di tutela dei consumatori abbiamo gli strumenti necessari per porre fine a questa pratica”.
Già in passato l’organizzazione europea dei consumatori Beuc aveva posto l’attenzione sulla manipolazione del mercato con un particolare accento sull’artigianalità dei prodotti più diffusi che di fatto non esiste. L’aspetto più ingannevole è quella dei cibi che con le etichette vengono presentati come “tradizionali”, “naturali” o “artigianali” ma in realtà non lo sono. Beuc, spiega nel suo report del 2018 che la maggioranza di questi prodotti sono industriali e di “naturale” contengono ben poco.
Il tema è particolarmente sentito per questo la Commissione europea ha pubblicato contemporaneamente al report di JRC un nuovo invito a presentare proposte sul tema, dotando l’intervento per una cifra 1,26 milioni di euro messa a bilancio. Il tutto al fine di rafforzare la capacità delle organizzazioni dei consumatori di analizzare i prodotti e individuare pratiche potenzialmente ingannevoli. Il termine per la presentazione delle domande scade il 6 novembre 2019.
Quindi chi ha idee si faccia avanti perché ingannare i consumatori resta un’attività illecita.