Il governo dell’Eritrea ha ordinato alla Chiesa cattolica di consegnare allo Stato tutti i centri sanitari gestiti dalla Chiesa. Come confermano fonti dell’Agenzia Fides in Eritrea, funzionari governativi si sono presentati nelle strutture cattoliche e hanno chiesto agli amministratori di firmare un documento che sancisce il passaggio di proprietà delle strutture. Tuttavia, gli amministratori si sono rifiutati di firmare e hanno chiesto ai funzionari governativi di confrontarsi con le autorità cattoliche. I funzionari hanno allora chiuso i centri sanitari, sgomberandoli dal personale, impedendo di fatto di continuare a fornire assistenza medica a molti malati.
Si tratta di un provvedimento che desta forte preoccupazione e sconcerto nelle comunità cattoliche locali e nella popolazione.
Una legge del 1995, mai entrata in vigore, prevedeva che tutte le strutture sociali (scuole, centri medici) fossero gestiti dall’autorità pubblica. Questa disposizione, a lungo rimasta sulla carta, ha però iniziato a essere applicata solo negli ultimi anni. Tra il 2017 e il 2018 sono state chiuse otto cliniche cattoliche. La maggior parte di esse – rivelano a Fides alcuni religiosi chiedendo l’anonimato per motivi di sicurezza – erano strutture che servivano zone remote del Paese. A essere colpita è quindi la gente, soprattutto le persone più povere, come gli afar, popolazione nomade della Dancalia. Lo scorso anno sono stati privati dell’unico centro medico della regione gestito con coraggio e determinazione da alcune Suore Orsoline.
Alcuni osservatori interpretano la decisione di chiudere le strutture mediche come una sorta di ritorsione del regime nei confronti della Chiesa cattolica (In Eritrea vi è un 51,6% di musulmani sunniti, ndr). Ad aprile scorso, i Vescovi cattolici, in una lettera pastorale, avevano chiesto “un processo di riconciliazione nazionale che garantisse giustizia sociale” per tutti. I prelati avevano chiesto, sulla scia dell’accordo di pace firmato con l’Etiopia, che il governo introducesse profonde riforme per aiutare la popolazione che è allo stremo dopo anni di rigida autarchia. Queste parole non sono però state ben accolte dai vertici del regime.
“Quella lettera – osservano le fonti di Fides – pur non nascondendo i problemi del Paese, apriva alla riconciliazione e al dialogo nazionale per superare insieme le difficoltà del Paese. Nelle parole dei Vescovi non c’era un intento critico, ma costruttivo. La Chiesa cattolica sta lavorando affinché non si producano lacerazioni. Probabilmente il regime ha interpretato la lettera come un attacco e ha reagito di conseguenza“.
La Chiesa cattolica, nelle sue diverse articolazioni grazie alle congregazioni religiose, gestisce in Eritrea circa 40 tra ospedali, centri sanitari e dispensari, tutti a servizio della popolazione, senza alcuna distinzione di etnia o religione, che forniscono cure quasi sempre gratuite. (EC) (Agenzia Fides 15/6/2019)