Bus dirottato e incendiato, senegalese voleva strage su pista di Linate

Dalle indagini dei carabinieri di Milano, coordinate dai pm Alberto Nobili e Luca Poniz, durante poco più di due mesi, si è rafforzata l’idea che Ousseynou Sy, l’autista che il 20 marzo ha tenuto in ostaggio 50 bambini, due insegnanti e una bidella e poi ha dato fuoco al bus, a San Donato Milanese, volesse fare una strage sulla pista di Linate. Da imputazione l’uomo aveva “l’intento di condizionare i pubblici poteri in relazione alle politiche in materia di accoglimento degli stranieri, di intimidire la popolazione”.

I pm inoltreranno nei prossimi giorni al gip Tommaso Perna la richiesta di processo immediato (si salta la fase dell’udienza preliminare) per Sy, difeso dal legale Richard Ostiante e che ha una serie di imputazioni, tra cui la strage aggravata dalle finalità terroristiche, per le quali rischia l’ergastolo. Chiederà verosimilmente il rito abbreviato e la difesa potrebbe giocarsi anche la carta di una richiesta di perizia psichiatrica.

Sy aveva cosparso il bus di benzina, aveva un accendino (ha continuato a dire che era scarico, ma non era così), aveva chiuso le porte del bus con delle catene, aveva legato le mani dei bambini e degli accompagnatori con delle fascette e aveva preso loro i cellulari (tranne quelli di due alunni che riuscirono a dare l’allarme). Ha impostato anche la scritta ‘fuori servizio’ sul bus, ha oscurato i finestrini, aveva con sé un coltello mentre la pistola, di cui hanno parlato alcuni testi, non è stata trovata e i pm ipotizzano fosse una pistola giocattolo che si è sciolta nel rogo, appiccato, sempre secondo l’accusa, mentre i ragazzini stavano fuggendo dal bus aiutati dai carabinieri.

Gli investigatori hanno accertato che il giorno prima aveva riempito due taniche di 50 litri ciascuna di benzina. Nessun contatto, nessuna rete è stata individuata e Sy, per i pm, ha agito da “lupo solitario”.

Nel suo video messaggi contro i governi africani e europei, Italia compresa, e pure ieri davanti ai pm ha citato ancora il nome del vicepremier Di Maio il quale, a suo dire, “come altri politici europei, anche lui sostiene di farla finita con queste politiche migratorie, non sono io che deliro”.  ANSA