Ancora una volta, scende in campo il cardinale Raymond Leo Burke, esponente di spicco del “fronte tradizionalista” che in Vaticano si oppone, di fatto, al pontificato di Papa Francesco. Burke e il fronte tradizionalista hanno infatti diffuso un testo che mira a correggere quelli che bollano come errori della Chiesa cattolica di oggi. L’impronta di Bergoglio non viene direttamente chiamata in causa, ma i riferimenti appaiono evidenti. L’impressione è che Burke e i suoi fedelissimi abbiano volto rimarcare, ancora una volta, la preoccupazione per la “confusione imperante” nel Vaticano di oggi.
Il documento, diffuso integralmente sul sito di Corrispondenza romana, mette al centro la visione che la dottrina cattolica dovrebbe avere sul tema delle “istanze Lgbt”. Chi ha firmato la dichiarazione, in buona sostanza, richiama il Vaticano su più fronti citando il Catechismo. Burke e gli altri firmatari insistono sulla necessità di chiarezza che deriva dall’apertura della Chiesa al mese dell’orgoglio gay. Si pensi a quanto fatto da James Martin, gesuita e progressista, oltre che consultore del Vaticano, il quale su Twitter ha augurato “buon mese del Pride” alla comunità Lgbt.
Il vescovo Athanasius Schneider e l’insieme di ecclesiastici che sostengono la dichiarazione mettono nero su bianco che “le unioni che hanno il nome di matrimonio senza possederne la realtà, non possono ricevere la benedizione della Chiesa, poiché ciò è contrario alla legge naturale e divina“. Nel documento,poi, si parla del rapporto tra cattolici e islam: “I musulmani e tutti quelli che non hanno fede in Gesù Cristo, Dio e uomo, anche se monoteisti – sottolinea il fronte tradizionalista – non possono rendere a Dio la stessa adorazione dei cristiani, cioè il culto soprannaturale in Spirito e Verità di quanti hanno ricevuto lo Spirito di adozione filiale”. Non è quindi possibile, secondo Burke e gli altri, una equiparazione gerarchica tra le due confessioni: critica che in questo caso sembra direttamente rivolta a Francesco.
Il testo, assai critico, viene valorizzato anche dalla firma del cardinal Janis Pujats, che è l’ex arcivescovo di Riga, e di altri due arcivescovi dell’Europa dell’Est. Nel documento fanno capolino anche altre questioni dottrinali che potrebbero essere stravolte, o quantomeno modificate, nel corso del prossimo Sinodo che si terrà in Amazzonia: dal celibato dei consacrati al fatto che, ad oggi, non possa esistere alcuna forma di diaconato femminile.