Se vogliamo andare avanti, bisogna tornare indietro.
di Aldo Grandi
Diciamoci la verità guardandoci nelle palle sì, ma quelle degli occhi che di questi tempi è sempre meglio precisare per evitare fraintendimenti. Oggi, anno di (dis)grazia 2019 del Nuovo Millennio, se ti piacciono solo le donne, se non ti fai di qualcosa, se desideri una famiglia con dei figli, se ritieni che a scuola gli insegnanti debbano insegnare l’educazione civica e non quella transgender, se non sei musulmano e credi ancora in un solo dio, quello in cui sono cresciuti i tuoi avi, se consideri giusto che ogni paese del globo conservi e mantenga la propria identità contro le migrazioni devastanti e dirompenti, se tieni alle tue tradizioni, alla tua nazione, alla sua storia bella o brutta che sia, se, in sostanza, oltre a sentirti ti dici, anche, italiano, ebbene, sei un fascista. Anzi sei anche un razzista, un omofobo, un biofobo, un transofobo, in sostanza sei un grandissimo cacacazzi.
Ormai è chiaro a tutti, soprattutto, visti i risultati delle elezioni, a quella classe borghese tanto osteggiata, vituperata, bersagliata, dileggiata che, se si fosse ancora ai tempi dei nipotini di Stalin e di Lenin, farebbe, come si è soliti dire, la fine del sorcio. Da chiedersi, poi, per quale motivo questi post comunisti radical chic-choc, divenuti medio borghesi grazie ai soldi fatti con la politica e donati obtorto collo dai contribuenti, ce l’abbiano tanto con una categoria sociale alla quale anche loro, volenti o nolenti, appartengono. Non si rendono conto che in una società senza classi non esiste più una coscienza di classe né un sentimento di appartenenza che sia alternativo a quelli antropologici ereditati dalla specie.
Se andiamo indietro col tempo, se, in particolare, andiamo a guardare la classe dirigente del partito comunista nel dopoguerra, ci troviamo di fronte a uomini e politici di enorme spessore, gente che aveva patito la galera. Non solo, ma che ci era finita perché non aveva rinunciato a rivendicare le proprie idee. Se si pensa che Togliatti, il Migliore, era visto male per via di quella relazione galeotta con la Nilde Iotti visto che era ancora sposato con Rita sorella di Mario Montagnana, anche lui dirigente del partito, si può avere idea della morale che a quei tempi regnava nel Pci e che era quanto di più conservatore si potesse desiderare nonostante i propositi rivoluzionari in politica. Oggi, al contrario, la rivoluzione è stata abbandonata definitivamente mentre sono state abbracciate tutte le cause civili in particolare quelle attinenti la sfera privata dell’individuo. Un rovesciamento di priorità e di valori che ha condotto quello che era il più grande partito comunista dell’Occidente ad essere una sorta di associazione per i diritti di tutti coloro che, praticamente e teoricamente, la pensano e si comportano diversamente dalla maggioranza della gente.
Cambiati, quindi, punti di riferimento, valori, principi, modificati modi di essere che sembravano eterni, oggi quel che resta del Pci ha imparato non solo ad apprezzare, ma anche a godersi la dolce vita senza troppi sensi di colpa. Solo in una cosa, questi eredi fasulli di un tempo che fu, sono rimasti gli stessi: nella loro irriducibile avversione per la democrazia e per il rispetto di coloro che la pensano diversamente. Essi sono pronti ad ogni piè sospinto, ad intraprendere missioni impossibili pur di resuscitare il fantasma di colui che finì a testa in giù a Piazzale Loreto, a individuare e isolare per poterlo meglio colpire, qualunque avversario riesca a emergere nell’agone politico contemporaneo. Essi sono bravi nell’attaccare in gruppo, come i vigliacchi, come i debosciati, come i servi sciocchi di ogni dittatura ed è perfettamente inutile cercare di avere un confronto con loro, perché essi non ne riconoscono la necessità né l’importanza, ma solo e soltanto ne ravvisano il pericolo. Da qui la ricerca spasmodica del nemico con la F maiuscola, del Fascista ad ogni costo, arrivando a individuarlo anche laddove non esiste, altrimenti non avrebbero più ragione di esistere e di operare.
Hanno trovato, di questi tempi, un papa per il quale la teologia della liberazione è, al massimo, un catechismo per bimbi. Molto, molto più efficiente una gesuitica predisposizione millenarista all’intervento diretto in politica affinché la Chiesa ritrovi quel potere e quella presa sulle masse che secoli di oscurantismo avevano mantenuto nella più bieca ignoranza.
I comunisti di una volta, oltre ad avere la passione per la dittatura del proletariato e l’avversione per tutti gli altri, erano, tuttavia, considerati anche i peggiori nemici del cristianesimo e della cattolicità. Basterebbe occuparsi delle persecuzioni alle quali, nei regimi verniciati di rosso, sono stati sottoposti tutti coloro che non volevano tradire e rinunciare a professare la loro fede in Cristo, per averne una sia pur minima idea. Oggi, paradosso tra i paradossi, la Chiesa è divenuta il principale alleato non solo e non tanto della sinistra col Rolex e la casa a Capalbio o a Roma Prati. Essa è il più forte sostenitore della sinistra radicale che vuole rovesciare, almeno a parole, il sistema per sostituirvi una massa omogenea e omogeneizzata nella quale l’individuo perde, finalmente, ogni residuo di identità così da restare privo di ogni legame con il passato e con le proprie radici.
Così come la sinistra appare, agli uomini di buona volontà provvisti del sano buonsenso popolare, antitaliana per sensazione prima, per consapevolezza, poi, così la Chiesa sembra diventata una qualsiasi ONG vagante per il Mediterraneo delle nostre esistenze, incapace di tenere fede a quella dimensione sovrannaturale che, per definizione e per storia, ha sempre ricoperto nel corso dei secoli.
Siamo, dunque, tutti diventati Fascisti come ci considera il Verbo del Pensiero Unico Dominante? O, piuttosto, abbiamo tutti compreso che è arrivato il momento di porre un limite a quel mondo alla rovescia che non solo non ci piace e non ci è mai piaciuto, ma che non vogliamo per noi né per le future generazioni.