Interessante reportage del sito tunisino Nawaat dalla città di Zarzis, “capitale” dei barchini clandestini verso l’Italia. Viene intervistato il presidente di una associazione sportiva giovanile del posto, disperato perché dei 30 suoi giocatori, 10 se ne sono andati in Europa: non partono perché “fuggono dalla fame o dalla povertà”, molti hanno un lavoro fisso e sono di buona famiglia.
Sanno però che se sbarchi in Europa, non ti possono spedire indietro (se sei minorenne) e ”potrai fare tanti soldi”: “ciò si acuisce specialmente in estate, quando tornano gli emigrati e ostentano le loro belle macchine, i vestiti firmati, si comprano una casa e raccontano di come sia facile la vita di là“.
Spesso sono le stesse famiglie a spingere i figli a partire, e a ripudiarli come falliti se vengono rimpatriati Tutto ciò è favorito dall’Euro, fortissimo rispetto al dinar tunisino: si diffonde anche fra gli impiegati pubblici l’idea di rinunciare a enormi fortune, rimanendo al di qua del Mediterraneo.
La “offerta” di migranti viene però generata dalla costante “domanda” da parte dei paesi europei, che accolgono a braccia aperte la nuova manodopera a minor costo, per non dover adeguare i propri stipendi: nel 2017, 45 nuovi medici su 100 se ne sono andati appena laureati, sapendo di avere un posto assicurato in Germania e Francia ;e lo stesso vale per gli ingegneri.
Inoltre, per molti giovani, andarsene significa sottrarsi al controllo della famiglia e al rispetto delle regole tradizionali; per altri più anziani è invece un modo per fuggire da una realtà tunisina caotica in cui “è impossibile educare i figli, se appena escono fuori vedono gente che rovescia la spazzatura in strada”.
Costa d’Avorio: 85% dei migranti che partono ha un lavoro in patria