Nuovo episodio di violenza tra le pareti di un carcere, questa volta tocca alla casa circondariale Sant’Anna di Modena. A denunciare il fatto Antonio Fellone e Fabio Randazzo, rispettivamente segretario nazionale e regionale del Sindacato nazionale autonomo di polizia penitenziaria (Sinappe). Il responsabile è un detenuto di nazionalità gambiana, appena trasferito a Modena dal carcere di Bologna, nel quale già si era reso protegonista di episodi di violenza. “Solo alcuni giorni fa aggrediva nove poliziotti presso la casa circondariale di Bologna. Lo stesso veniva successivamente trasferito presso l’Istituto modenese, ove oggi ci ritroviamo nuovamente dinanzi ad una situazione aberrante, degna di seria attenzione da parte dell’amministrazione.”, lamentano i rappresentanti sindacali, come riportato da “Sassuolo2000”.
Proprio a causa del suo atteggiamento fortemente aggressivo lo straniero era sottoposto al regime del 14 bis, con delle restrizioni che evidentemente non riusciva ad accettare. L’africano si è barricato all’interno della sua cella, distruggendo ogni cosa che gli capitava a tiro e dando infine fuoco al materasso del suo letto, come riportato sempre dal comunicato del Sinappe.“Il detenuto poneva in essere disordini che compromettano l’ordine e la sicurezza, incendiando materassi, danneggiando beni dell’amministrazione penitenziaria e lanciando escrementi“.
Come riportato da “ModenaToday”, anche il segretario generale aggiunto del Sappe Giovanni Battista Durante ed il segretario nazionale Francesco Campobasso hanno denunciato il fatto. “Gli agenti hanno faticato moltissimo per portarlo fuori dalla stanza e spegnere l’incendio. Otto di loro sono rimasti intossicati e hanno dovuto fare ricorso alle cure dei medici in ospedale”.
“Siamo in emergenza, non è più tollerabile che lo Stato continui quotidianamente ad arretrare e subire le violenze.”, proseguono ancora Fellone e Randazzo. “Chiediamo rispetto per la dignità dei nostri colleghi che, ogni giorno, con spirito di sacrificio si interfacciano con precarie realtà penitenziarie, senza alcuna tutela per la loro incolumità psico-fisica”.