Le 10 giravolte elettorali dell’acchittato a 5 stelle

Luigi Di Maio si è trasformato nel vero camaleonte della politica italiana, ha una capacità incredibile di variare colore a seconda delle circostanze. Si plasma e si adegua, anche se per farlo spesso entra in palese contraddizione con quello che ha sostenuto sino a poco tempo fa. Ecco un elenco di dieci giravolte:

UNO: MATTARELLA
Pochi giorni fa Di Maio ha dichiarato: «Siamo molto fortunati ad avere Mattarella come Presidente della Repubblica». Peccato che proprio l’ anno scorso, con un video su Facebook seguito da oltre 5 milioni di persone, lanciò la proposta di mettere Sergio Mattarella addirittura in stato di accusa ai sensi dell’ art. 90 della Costituzione (alto tradimento e attentato alla Costituzione). Proposta ribadita telefonicamente pochi minuti dopo durante la trasmissione di Fabio Fazio. Era la fatidica sera del 27 maggio 2018. All’epoca aveva ragione. Ora assume un atteggiamento servile per ricucire con Mattarella e utilizzarlo, per il tramite di Conte che si è prestato al gioco, contro Salvini.

DUE: IL 3%
Sempre pochi giorni fa, in risposta a Salvini che aveva dichiarato che si può sforare il tetto del 3% del rapporto deficit/Pil per fare gli interessi degli italiani, Di Maio gli controbatteva che è da irresponsabili dire certe cose col rischio che lo spread aumenti. Ma come? Dov’ è finito il capo politico del MoVimento che voleva addirittura superare il Fiscal Compact? Tale superamento, inserito nel programma pentastellato per le politiche del 2018, è del tutto scomparso in quello per le europee. Eppure lo stesso contratto di governo, sempre tirato in ballo contro Salvini, nel capitolo riguardante le riforme istituzionali, prevede “il superamento della regola dell’ equilibrio di bilancio” e il ripristino della “prevalenza della nostra Costituzione sul diritto comunitario”. Come si cambia per non morire…

TRE: ALLEANZA CON IL PD
«Vengo accusato di voler fare un’ alleanza col Pd. Ma sono stato io ad attaccarlo più di tutti. Si tratta di un partito subdolo, che sta provando a cambiare pelle». Così ha risposto il Capo politico del M5s a quelli che negli ultimi giorni gli hanno contestato di voler aprire al Partito democratico.

Peccato che dimentichi presto. Ad aprile dell’ anno scorso chiuse ogni trattativa con la Lega aprendo il “secondo forno” con Maurizio Martina, all’ epoca segretario del Pd. Poi non se ne fece più niente solo perché Renzi non è un fesso. Ed è tornato tra le braccia di Salvini come se nulla fosse accaduto. Dopo le elezioni di domenica, se prenderà una batosta cosa farà? Riaprirà il “secondo forno”?

QUATTRO: I PARLAMENTARI
Appena eletto nel 2013, lui e tutti gli altri parlamentari del M5S volevano rimettere al centro l’ attività del parlamento. Ma dopo sei anni hanno proposto una riforma costituzionale che diminuisce il numero dei parlamentari, riducendo in tal modo lo spazio di rappresentanza democratica. Da sempre oppositore dei listini bloccati, Di Maio non dice più nulla sulla necessità di dar vita ad una legge elettorale che consenta ai cittadini di eleggere direttamente i loro rappresentanti. Anzi, diminuendo il numero dei parlamentari aumenteranno di conseguenza i nominati.

CINQUE: L’EURO
Chi non lo ricorda come fermo sostenitore del referendum per uscire dalla gabbia della moneta unica? Nel dicembre 2017 diceva che, nel caso vi fosse stato un referendum sull’ uscita da questo euro, lui avrebbe votato sì. Già dopo il primo giro di consultazioni al Quirinale, a seguito delle politiche 2018, cambia idea, annunciando che il suo partito rappresenta la garanzia per la permanenza dell’ Italia nell’ eurozona.

SEI: L’ AUTONOMIA
Ha sottoscritto con Salvini un contratto di governo che, in materia di autonomia regionale, prevede nero su bianco “l’ impegno di porre come questione prioritaria nell’ agenda di Governo l’ attribuzione, per tutte le Regioni che motivatamente lo richiedano, di maggiore autonomia in attuazione dell’ art. 116, terzo comma, della Costituzione”. Ma poi si è rimangiato quasi tutto, chiedendo un nuovo vertice tra M5S e Lega per ridiscutere la cosa, nonostante il governo abbia già predisposto le prime bozze per dare il via all’ “autonomia differenziata” per Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna.

SETTE: CORRUZIONE
Due pesi e due misure su questione giustizia e lotta alla corruzione. Ha preteso da Salvini la testa del sottosegretario leghista Armando Siri, ma ha chiuso un occhio su tutto quello che accade a Roma preferendo essere ipergarantista con Virginia Raggi, tanto da far cambiare persino i propri regolamenti interni per salvare il Sindaco.

E staremo a vedere cosa si inventerà sul viceministro leghista Edoardo Rixi. Intanto, prudentemente, ha di recente dichiarato che ogni caso è diverso «e non bisogna generalizzare». In effetti Siri al momento è solo indagato, mentre Rixi è già stato rinviato a giudizio e potrebbe anche (in teoria) essere condannato. Ora, però, nuova giravolta: al momento Rixi può stare al suo posto, ma in caso di condanna dovrà dimettersi. Solo la Raggi resta intoccabile.

OTTO: LIBERTÀ D’ESPRESSIONE
Ve lo ricordate da novello parlamentare difendere la libertà di espressione del pensiero da parte di tutti i cittadini? Appena una settimana fa ha taciuto sulla censura nei confronti di un piccolo editore al Salone del Libro di Torino. Del resto l’ epurazione era stata richiesta dal sindaco pentastellato Chiara Appendino insieme al Partito Democratico.

NOVE: I DUE MANDATI
Come tutti sanno il limite dei due mandati è una delle regole fondanti del Movimento, onde evitare che si creino dei professionisti della politica. Ma ora sulla base di nuovi codici etici, Statuti (vedi art. 9 lettera b) e regolamenti esecutivi che Di Maio può proporre come Capo politico, Di Maio in pratica può interpretare i due mandati elettivi come dei mandati “pieni” e cioè dieci anni in tutto. In alternativa se vuole può anche eliminare i due mandati con una votazione degli iscritti su Rousseau a maggioranza dei partecipanti.

DIECI: IL LINGUAGGIO
Non molto corretto il linguaggio “colorito” che negli ultimi tempi usa contro Salvini: «pugile suonato», «più lavoro e meno stronzate», e dire che nel codice etico del Movimento c’ è scritto (art. 1) che bisogna evitare “toni e linguaggio che sottendano atteggiamenti di aggressività e prevaricazione. Ma Di Maio può fare e dire quello che vuole. Smentisce se stesso in poco tempo e con una tale facilità che potrebbe benissimo fare anche l’ attore.

A parte gli scherzi, quello che ha in mente Di Maio è evidente: trasformare il M5s nel “partito dei moderati”. In un Paese di sempre più incazzati non è detto che funzioni.

di Paolo Becchi e Giuseppe Palma – –  www.liberoquotidiano.it