Noi italiani, spessissimo parliamo male del nostro Paese, siamo famosi nel resto del mondo per il nostro cinismo e disincanto, nei confronti della politica ed il nostro viscerale attaccamento alla mamma ed alla “Famiglia”, crea ilarità tra chi italiano non è. Così, un po’ perché siamo esterofili ed un altro po’ perché per la maggioranza di noi l’erba del vicino è sempre più verde, cerchiamo disperatamente di cambiare ed essere più tedeschi dei teutonici stessi, ma se siamo così, nel bene come nel male, è perché, forse, la nostra civiltà (quella italiana) è più antica di tutte le altre e quindi, di conseguenza, “sotto questo ponte, di acqua, troppa ne è passata!”. Ne abbiamo viste veramente di tutti i colori per non riconoscere d’emblée la più goffa di tutte le fregature: la ristrutturazione di Alitalia da parte di Lufthansa a patto, però, che il Governo italiano non vi partecipi.
Se Paolo Villaggio non fosse morto una battuta simile sarebbe senz’altro degna del mitico Professor Kranz in “Quelli della domenica” ma così ahimè non è, quindi, c’è ben poco da ridere e molto da indignarsi.
Tutti sono pronti a spalare letame sulla nostra compagnia di bandiera: c’è chi la definisce “insanabile buco nero”, chi la chiama “carrozzone”, così come c’è chi ne ricorda il personale eternamente in esubero; e, in conseguenza di tutto ciò, c’è, quindi, chi, per il bene comune, si farebbe anche in mille pezzi pur di privatizzarla completamente, ma, nonostante tutti questi uccelli del malaugurio, a sorpresa, l’Alitalia è la compagnia più puntuale al mondo.
Se ciò può destare scalpore si sappia anche che la nostra compagnia di bandiera è tra le più sicure al mondo, ha infatti ricevuto ben 7 stelle, il massimo, per questi parametri ed è, certamente, una tra le più antiche al mondo, a fornire a bordo un servizio di tutto livello.
Ma se ciò è vero dov’è dunque il male di Alitalia? Perché i suoi conti non tornano?
Semplice! il male di Alitalia è qualcosa che il nostro Paese si porta dietro fin dalla notte dei tempi e che ha raggiunto l’acme durante il dominio napoleonico, quando, molti immobili, ed aziende, del demanio, in precedenza di proprietà di vari istituti religiosi, furono venduti, ufficialmente per rimpinguare le casse ormai vuote dei napoleonidi, ma in realtà regalati, con aste di facciata, agli amici degli amici per permettere a questi ultimi di “ingrassarsi” e legarsi ulteriormente al regime allora al potere.
Oggi con Alitalia, così come è già stato fatto in precedenza – con Enel, Sip, Ente Tabacchi Italiani, Mediocredito, INA, IMI, Seat Pagine Gialle,
Motta, Alemagna, La Cremeria, Antica Gelateria del Corso, Maxicono, Surgela, Marefresco, La Valle degli Orti, Voglia di pizza, Oggi in Tavola, e chi ne ha più ne metta – si vuole regalare questo importante asset.
Certe aziende, come l’Alitalia, Borsalino, o la Pernigotti, non possono andare male, e se i conti non tornano è solo perché, molto probabilmente, dall’alto, si è deciso che i conti debbano andare male.
L’unico problema di Alitalia, se mai ne avesse veramente uno, è quello attualmente di non avere una propria compagnia low cost.
Il vettore italiano, infatti, non può competere sulle tratte brevi e medie con compagnie del calibro della Ryanair.
Quest’ultima, infatti, è vero che offre biglietti a bassissimo costo ai propri clienti ma è altresì vero che riesce a farlo in primis perché sottopaga i propri dipendenti, secondariamente perché offre a bordo un servizio ridotto all’osso, terzo perché usufruisce spesso e volentieri, di contributi locali (vedi convenzioni stipulate tra determinate regioni e la compagnia irlandese). In altri termini è una guerra persa in partenza.
Ma voi immaginate mai di fare un volo intercontinentale stipati per ore ed ore in un aereo low cost?
Certo se avete un fisico atletico, e la pazienza di Giobbe, riuscireste nell’impresa, ma se malauguratamente appartenete, come credo, a tutto il resto del genere umano di certo non vedrete l’ora di scendere da quella maledetta fusoliera.
Ecco, in questo contesto, Alitalia, può e deve, giocare la propria partita e per non abbandonare il mercato delle brevi e medie percorrenze deve dotarsi, come già detto, di una propria linea a basso costo, un pò come ha fatto l’Iberia con la Vueling.
Altro che Toto e privatizzazioni, che Dio ce ne scampi!
Per onor della cronaca vorrei ricordare a chi ha avuto la brillante idea di consultare, anche solo lontanamente, il gruppo Toto che fu proprio la stessa società in questione, nel 2008, grazie a Berlusconi, a scaricare l’AirOne sul groppone di Alitalia concentrandosi, da li in poi, solo sulle Autostrade, concessioni sulle quali, tra l’altro, come ampiamente dimostrato da diversi servizi giornalistici, il gruppo Toto non ha mai avuto le capacità per eseguire le dovute manutenzioni. Ed ora, ad un’azienda simile, gli si chiederebbe di risanare Alitalia? Ma stiamo scherzando?
La risposta, dunque, deve essere una sola, chiara e categorica per tutti: NAZIONALIZZAZIONE!
Perlomeno credo che, se Enrico Mattei fosse ancora vivo, sarebbe di sicuro d’accordo con me.
Lorenzo Valloreja