Riceviamo e pubblichiamo – lettera alla Direzione amministrativa dell’ Ospedale Giovanni XXIII di Bergamo
Spett. Direzione amministrativa dell’ Ospedale Giovanni XXIII di Bergamo
Come risulta da questo link ( ** che ho trovato su facebook e che anche voi potete visionare), il cosiddetto “Spazio Interculto” presso l’ Ospedale di Bergamo in realtà risulta occupato in modo praticamente esclusivo dalla religione islamica.
Ciò costituisce, a parere dello scrivente e di tanti altri, una grave deformazione del significato di tale spazio e fa capire che la sua funzione devono essere quanto meno regolamentati diversamente.
Se lo spazio deve rimanere comune a varie religioni, bisogna impedire che qualcuno lo “addobbi” in via permanente ad uso esclusivo della sua religione, pertanto le varie suppellettili (tappeti, altarini, ecc.) non devono essere permanenti, ma collocate solo al bisogno, da chi intente pregare per la sua religione, e poi tolte. Al massimo in tale spazio può essere collocato solo un armadio ad uso esclusivo per una certa fede, dove collocare gli elementi di culto, da estrarre solo al bisogno.
Non ha senso che ci siano lavabi. Chi scrive è stato per lavoro varie volte in Egitto e ha potuto constatare che (perfino in uno Stato a maggioranza islamica) tali lavabi sono solo nelle moschee, mentre in altre sedi (ad esempio luoghi di lavoro o ferrovie), chi intende pregare, può farlo semplicemente srotolando il suo tappetino nei corridoi dell’ azienda o del luogo, ma senza lasciarlo in via permanente e senza avere dei “lavabi” a disposizione.
Se ciò non risulta possibile, bisogna mettere almeno dei limiti di spazio occupabile, per cui una religione deve poter occupare solo una parte dello spazio (poniamo 1/5) e il resto essere lasciato agli altri, oppure non occupato.
Se nemmeno questo si dimostra attuabile è il caso di creare delle stanze più piccole, ma assegnate ad ogni religione, a seconda della richiesta.
In ogni caso ciò che si verifica è inaccettabile.
Distinti Saluti
Angelo Mandelli