Sanità, così Di Maio vuole fregare Salvini e le Regioni

Col faccino da bravo ragazzo, Luigi Di Maio punta stavolta a fregare Salvini e le regioni sulla sanità. Da giorni la litania è sulla sottrazione delle Asl alla politica. E a parole tutti applausi. Dice che ha la soluzione in tasca “e voglio vedere se la Lega dice no“. Ma che furbacchione. Molto più semplicemente – a giudicare dai testi che circolano negli uffici del ministro Grillo – i Cinquestelle puntano a togliere la sanità agli altri partiti. E hanno trovato l’uovo di Colombo per fare come gli pare. Le regioni? Non devono decidere perché il MoVimento non vince mai, tutto qui. E semmai il centrodestra vince troppo.

La solita fuffa – – In pratica un imbroglio, fuffa come al solito. Scippano i poteri di nomina alle regioni, prendendo a calci la Costituzione vigente. Quello che oggi è un elenco nazionale da cui le regioni attingono per i direttori di Asl e ospedali, diventa una specie di graduatoria decisa dall’alto e imposta al territorio. Per finire, il paradosso è che il direttore nominato non può scegliersi i suoi diretti collaboratori, il direttore sanitario e quello amministrativo, ma pure loro devono primeggiare in un’altra specie di graduatoria, sia pure regionale.

In pratica, finisce un aspetto importante della politica federalista in sanità. Quell’ospedale non va bene? Ci rivolgeremo al ministero più che alla regione. La regione potrà dire a chi protesta che il direttore lo hanno scelto quelli del ministero (“la famosa commissione di esterni” di cui favoleggia Di Maio, nominata evidentemente dallo Spirito Santo). Il burocrate ministeriale se ne potrà fregare come ai vecchi tempi.

Salvini farà bene a donare al suo collega vicepremier un manuale di diritto costituzionale. Per spiegargli che i suoi propositi servono solo a qualche titolo di giornale ma non possono realizzarsi. Perché in materia sanitaria decidono le regioni. E non è che i ministri sono più onesti per censo rispetto ai governatori.
Le norme oggi in vigore, varate dalla Lorenzin, rappresentano un punto di equilibrio. Il ministero pubblica un elenco di idonei a ricoprire l’incarico di direttore, si forma una commissione regionale mista con esperti nazionali e locali, si consegna una rosa ristretta al presidente della regione che da lì sceglie il nominativo a cui affidare l’incarico.
Il ladro resta ladro

Con la proposta grillina l’elenco nazionale diventa una specie di graduatoria ministeriale (ma quanto sono furbi..) e il governatore ingoia. Ma stiamo parlando di contratti a tempo determinato, non di concorsi, dove prevalgono i punteggi.
Poi, l’altra perla, dove il dg nominato non può scegliersi direttore sanitario e amministrativo. Anche lì, come abbiamo visto, un altro “concorso”, questa volta regionale.

Di Maio strilla (“voglio vedere che farà la Lega”) proprio perché una roba del genere non passerà mai, proprio perché c’è una Costituzione. In sanità rubano? La sanzione è l’arresto e la reclusione. Altro non c’è. Ma pensare che finiranno le rapine a danno dei malati perché si “vince” in un elenco nazionale non è un’ideona. Il ladro resta ladro anche se ha un curriculum invidiabile. E se la regione non conta nulla nel processo di nomina, il nominato se ne fregherà di qualunque rapporto con l’ente. Al massimo non dividerà il bottino con altri…

Francesco Storace