Video inchiesta di Claudio Bernieri – – affaritaliani.it
Sul tavolo della procura di Catanzaro giacciono da tempo le denunce: minacce di giovani sconosciuti africani alla moglie del supertestimone al processo di Macerata, il così detto “caso Pamela”. Ecco la macchina vandalizzata di Tiziana, gli approcci di sconosciuti ambulanti verso sua figlia Rosa, gli appostamenti sotto casa di altri ambulanti africani scesi da un furgone e infine l’inquietante “c’è posta per te”: il ricevimento di una lettera con una bambolina voodoo con la testa mozzata…
Sorry, non abbiamo personale, sembrano dire i magistrati calabresi a Tiziana : magistrati che però da un decennio si sono avvalsi della collaborazione preziosa di uno dei rarissimi pentiti della ‘ndragheta, Vincenzo detto lo zio.
Tiziana Marino, moglie del supertestimone “zio” che ha riferito le confidenze di Innocent Oseghale , accusato della morte di Pamela al processo di Macerata, vive così l’Incubo Perfetto: ferraginosa burocrazia dello Stato, cavilli, carenza di personale. Da quattro anni è stato richiesto il ripristino della protezione dello Stato per Vincenzo, Tiziana e i loro 4 figli. E Tiziana ora sopravvive in un rifugio segreto in Ciociaria, aiutata spontaneamente da un benevolo commissario di Polizia che le ha trovato un lavoro: “faccio le pulizie nelle banche”, racconta con fierezza Tiziana. Come scorta, Tiziana dispone della moglie (volontaria) di un appuntato delle Volanti della zona. Tre figli piccoli a scuola: e con Rosa, 22 anni, hostess a chiamata nelle fiere, ha redatto ora una lettera per il Ministro Salvini, affinchè si sblocchi il pasticcio burocratico che impedisce alla famiglia Marino di avere un programma di protezione, tolto nel 2012 per un disguido di cavilli, ricorsi, denunce e archiviazioni.
“Ci venne a mancare la protezione dello stato quando mio marito, agli arresti domiciliari, uscì una sera di casa senza permesso per raggiungere nostra figlia Rosa che si era sentita male a una festa. Il destino volle che durante il tragitto Vincenzo fosse fermato da un controllo dei carabinieri: fu denunciato, gli vene revocato il programma di protezione, Io persi il lavoro e la casa.”
Denuncia dei carabinieri che in seguito venne archiviata: ma la ruota della magistratura da allora ha girato a vuoto.
L’incubo di Tiziana inizia quando suo marito, seppur senza protezione, ma sempre collaborante e superconsulente con i magistrati di Catanzaro, assume il ruolo di supertestimone al processo di Macerata: vuole il destino che in un reparto speciale di Ascoli Piceno Vincenzo lo zio e Innocent, il nigeriano che ha spezzettato Pamela dentro due trolley a Macerata, si incontrino durante l’ora d’aria. Scoppia una zuffa. Poi, l’inchino di Oseghale allo zio: “Vincenzo è anche un papà: raccolse le confidenze di Innocent Oseghale, nel carcere di Ascoli Piceno. Mio marito non ha mai cessato di collaborare con la giustizia, anche senza un programma di protezione, e riferì ai magistrati di Catanzaro gli agghiacciati particolari che apprese… ” La procura di Catanzaro allertò il procuratore di Macerata, Giorgio.
Marino venne sentito diverse volte, il suo racconto fu ritenuto attendibile, divenne la supercarta da giocare per l’accusa al processo per incastrare il reticente Oseghale. Grato, il dottor Giorgio segnalò il fatto alla procura di Catanzaro. Ma il ripristino della protezione per Marino e i suoi familiari? Per ora, nulla è stato fatto.
Racconta l’avv. Maria Claudia Conedi: “Marino e Oseghale all’inizio bisticciarono, poi gli altri detenuti raccontarono al nigeriano chi fosse Marino, un detenuto di tutto rispetto, lo zio. E qui Marino si dimostrò una Mente. Si finse ancora ‘ndranghetista, attivo nella cosca, ammaliò il nigeriano che cascò nel tranello, e il nigeriano gli confidò di essere un capo dell’Ascia Nera di Macerata“.
Marino si infiltrò insomma nella mafia nigeriana: per farsi valere come piccolo Cesare della mafia nigeriana.
“Oseghale spifferò allo zio come aveva ucciso Pamela. E in Nigeria tra chi pratica certi rituali magici è molto più facile sapere come si scuoia bene un uomo piuttosto che un capretto, dove iniziare a tagliare un cadavere per far spillare fuori il sangue.
Marino, saputo certi particolari si attiva, informa il suo referente a Catanzaro, il dottor De Bernardo, di certe confidenze agghiaccianti, questi relazione al dottor Giorgio a Macerata, vengono fatti dei riscontri e controlli : certi particolari riferiti da Marino collimano con l’autopsia di Pamela e rivelano che il supertestimone è attendibile”. Oggi Tiziana Marino e i suoi quattro figli vivono protetti grazie al volontariato di due poliziotti.
La storia di Tiziana, “madre coraggio” , è nel video che pubblichiamo: “Sono scappata con Vincenzo , a Crotone, avevo sedicianni, non sapevo che lui fosse un ‘ndranghetista. Poi, lentamente capii… E quando il nostro primo figlio maschio venne battezzato alla presenza del padrino dì una cosca, decisi. Non volevo che da grande mio figlio diventasse anche lui un ‘ndranghetista, uno spacciatore , un assassino…”.
Una lenta presa di coscienza che porta Tiziana a convincere il marito a diventare un collaboratore di giustizia . Per amore dei figli. “Mio marito era in carcere: gli feci capire che suo figlio maschio poteva avere un avvenire diverso. Pulito. Vincenzo divenne un collaboratore di giustizia. Ottenemmo un programma di protezione: una nuova casa, un nuovo cognome. Le cosche mi passavano 20.000 euro al mese perchè io ero la moglie di un ‘ndranghetista di peso in carcere. Dopo la sua collaborazione, tutto cessò: lo Stato mi passò 1500 euro al mese per poter sopravvivere con i miei figli, più l’assistenza sanitaria e un lavoro… Ma ero felice. Mio padre ruppe ogni rapporto con me. I miei parenti a Crotone ricevettero insulti e minacce.”.
Ora, una bambolina voodoo arrivata per posta a Tiziana mette lo Stato di fronte alle sue responsabilità.. E allora Rosa ha pensato a un appello: “come hanno fatto certi sconosciuti ambulanti a sapere come ci chiamiamo? Così lontano da Macerata? Come sanno il nostro vero nome? La richiesta di protezione per la nostra famiglia giace, colpita a morte dalla burocrazia, su qualche scrivania della procura di Catanzaro: da 4 anni” racconta Tiziana.
“E con Rosa ho scritto questo appello che ora grazie ad Affari spero arrivi al Ministro Salvini”.
La storia di Tiziana Marino
APPELLO A SALVINI