Nonostante l’uscita dal terzo piano di salvataggio festeggiata il 20 agosto scorso, i margini d’azione del Governo di Alexis Tsipras per mitigare gli effetti della dolorosa crisi economica per i cittadini greci sono sempre più limitati. Il tempismo dell’azione politica di Atene tradisce la perenne sudditanza alle condizioni poste dai creditori internazionali.
Come scrive Paudice su www.huffingtonpost.it, con un voto a netta maggioranza, il Parlamento greco ha approvato la proposta del Governo per modificare le norme che proteggono dai pignoramenti le prime case di chi ha contratto debiti con le banche, la cosiddetta legge Katseli dal nome del ministro che la presentò durante la fase più critica della crisi, scaduta a fine 2018 e poi prorogata per pochi mesi.
Il superamento dell’impianto originario, giudicato dai creditori troppo generoso verso i cittadini inadempienti, è stato posto come condizione indispensabile dall’Eurogruppo per l’erogazione ad Atene dei profitti derivanti dalle sue obbligazioni, detenuti dalla Bce e altre banche centrali dell’Eurozona.
L’approvazione di tredici misure sulle sedici concordate con le istituzioni europee, portata sul tavolo Ue a marzo scorso, non è stata sufficiente per i funzionari di Bruxelles a sbloccare la prima tranche dei 4,8 miliardi di euro che devono rientrare nelle casse greche entro il giugno del 2022 in ripartizioni semestrali. Per la prima volta, quindi, sono state introdotte peculiarità per le aziende con la residenza primaria a garanzia del mutuo.
Ora il Governo Tsipras si aspetta che il prossimo Eurogruppo del 5 aprile dia luce verde allo sblocco dei profitti maturati dalle altre banche sui suoi bond. È solo la prima tranche dei quasi cinque miliardi che spettano ad Atene, pagata a prezzo altissimo sul piano reputazionale, prima ancora che sociale.