Zingaretti curatore fallimentare del Pd. L’Europa sta diventando la loro malattia

Urge una visita di gruppo. Il Pd insiste con l’Europa e non si rende conto che si incammina sempre più verso il baratro.
Molto bene, dunque, chi non li sopporta potrà applaudire la “svolta” di Zingaretti, il curatore fallimentare. L’alternativo “alle destre” – come si definisce da solo – ha prima gioito per la Basilicata, dove ha preso meno dell’8 per cento. Poi, ha convocato la direzione nazionale del partito per annunciare che nel simbolo elettorale il 26 maggio apparirà la scritta “siamo europei“. E matti no?
E’ una rivendicazione di pazzia politica per stare appresso a quel twittomane di Carlo Calenda. Costui, senza voti, è riuscito a piazzarsi come capolista nel NordEst. E a completare l’opera gettando il suo partito in pasto a tutti quegli italiani che l’Europa non la sopportano più. Anche a sinistra.

Ai diritti sociali antepongono quelli civili – – Ma nel Pd antepongono i diritti civili a quelli sociali e della povera gente non si interessano più. Il bello è che l’apparato piddino pare tutto d’accordo in un impazzimento collettivo. “Siamo europei” perché hanno dimenticato l’Italia, come dimostra il balcone del Nazzareno dove il tricolore è scomparso. Una malattia, praticamente.
Solo su una cosa litigano, le alleanze. Gli ultimi mohicani di Renzi si sono astenuti a causa delle ambiguità di Zingaretti. Le hanno scoperte ora? Si sa da tempo che il neosegretario insegue gli antichi compagni, da Bersani a D’Alema, pronti tutti assieme a tornare a cantare Bandiera Rossa come nel vecchio Pci.

Certo è che la scelta di classificarsi come più europeisti di Juncker non porterà esattamente milioni di voti al Partito Democratico in un momento di fortissima ostilità alla nomenklatura comunitaria.
Ius soli e più tasse

Il programma elettorale è presto fatto. Manifesteranno ancora per lo ius soli e le frontiere spalancate all’immigrazione, con l’ennesimo autogol della loro triste storia. Continueranno ad amare le tasse nel nome del partito della spesa pubblica, tanto le vogliono far digerire al popolo, a partire da quello delle partite Iva.
Ci racconteranno in campagna elettorale la favola del cambiamento, ma con il riciclaggio di Pisapia e soci sarà ben difficile trovare masse di elettori disponibili a spellarsi le mani per applaudirli.
Forse sperano di commuovere quelli come Soros. Non si sa mai, dopo il centone di mila euro depositato nel forziere della Bonino e di Della Vedova, magari qualche spiccio potrebbe arrivare anche a Zingaretti e compagni. E che sarà mai, dopo Buzzi…

Da ieri il Pd sembra ancora di più un esercito in rotta, senza un orizzonte politicamente affascinante di fronte a sé. Se la scelta di Zingaretti è quella di riportare a casa – anche solo in alleanza – gli antiPd di ieri, la prossima mossa la farà Renzi. Salutare la ditta e darsi a qualcosa di nuovo.
E andrebbe capito: ritrovarsi tra i piedi quelli che lo hanno contestato e non la smettono, non è l’ideale. Ma il cinismo di Zingaretti è ignoto solo a chi non lo conosce ancora. Per fortuna arriverà il 26 maggio e i giochi finiranno anche per quel che è rimasto di questa sinistra senza futuro. Tanto, quando votano eleggono solo quelli come Pittella (alla voce Basilicata)…

Francesco Storace