Michelle Bachelet (Onu) e Soros
L’Onu, pochi giorni fa, ha deciso di alzare il tiro sul fenomeno politico più dirompente di questa fase storica, quello spesso accostato, a torto o a ragione, alle tragedie novecentesche: il sovranismo populista. L’organizzazione sovranazionale ha sostenuto, tramite l’Alto commissario per i diritti umani Michelle Bachelet, che una delle modalità utili a combattere l’avanzata elettorale dei populisti è quella d’incrementare le frequentazioni sociali con i migranti.
A raccontare questa storia è stato pure il quotidiano La Verità. L’occasione buona per rilanciare quella che ha tutte le sembianze di una vera e propria campagna tematica è arrivata con la Giornata internazionale per l’eliminazione della discriminazione razziale. A sollevare il dibattito, anzitutto, è il paradigma che alcuni membri delle Nazioni Unite hanno operato: il populismo sovranista porta in dote episodi di discriminazione razziale.
La dialettica è naturale: uno degli obiettivi della propaganda sovranista è proprio quello di scardinare le istituzioni come l’Onu. Sono le realtà come queste – sostengono i populisti – ad aver spogliato i popoli della loro sovranità territoriale e politica. E dall’altra parte hanno iniziato a ragionare sugli antidoti.
Ecco allora che per Bachelet, sempre secondo quanto evidenziato dal quotidiano diretto da Belpietro, si può pensare di porre un argine, perché nel momento in cui i cittadini “hanno numerosi contatti con i migranti, il voto populista tende a essere molto più debole...”.
Se i totalitarismi si curavano viaggiando, insomma, i populismi si attenuano estendendo ai migranti la rete di relazioni sociali. Di questo, almeno, si dicono certi dalle parti di New York. (www.ilgiornale.it)