di Armando Manocchia
A proposito dell’appello di Prodi, raccolto dalla solita schiera di anti-italiani, di esporre la bandiera Europea da domani 21 marzo e fino alle elezioni europee, rivolgo il mio accorato appello a tutte le persone di buon senso, persone perbene, dotate di fede e ragione che amano la Patria, la propria Nazione, il proprio Paese.
Contrastiamo l’appello dei traditori che ci hanno venduti ai poteri sovranazionali, che vogliono desovranizzare e distruggere l’Italia come Nazione, depredare le nostre ricchezze e dissolvere la nostra identità e civiltà. Esponiamo alle finestre, in terrazza, in giardino e ovunque il Tricolore. Facciamo capire a questi traditori che siamo e ci sentiamo Italiani, che l’Italia è degli Italiani e guai a chi ce la tocca.
A questo proposito, è doveroso citare il pensiero di Oriana Fallaci quando, ne La Rabbia e L’Orgoglio, parlando di Patria scrisse: «…Naturalmente la mia patria, la mia Italia, non è l’Italia d’oggi. L’Italia godereccia, furbetta, volgare degli italiani che pensano solo ad andare in pensione prima dei cinquant’anni e che si appassionano solo per le vacanze all’estero o le partite di calcio. L’Italia cattiva, stupida, vigliacca, delle piccole iene che pur di stringere la mano a un divo o una diva di Hollywood venderebbero la figlia a un bordello di Beirut ma se i kamikaze di Usama Bin Laden riducono migliaia di newyorchesi a una montagna di cenere che sembra caffè macinato sghignazzan contenti bene–agli–americani–gli–sta–bene. L’Italia squallida, imbelle, senz’anima, dei partiti presuntuosi e incapaci che non sanno né vincere né perdere però sanno come incollare i grassi posteriori dei loro rappresentanti alla poltroncina di deputato o di ministro o di sindaco. L’Italia ancora mussolinesca dei fascisti neri e rossi che ti inducono a ricordare la terribile battuta di Ennio Flaiano: “In Italia i fascisti si dividono in due categorie: i fascisti e gli antifascisti”. Non è nemmeno l’Italia dei magistrati e dei politici che ignorando la consecutio–temporum pontificano dagli schermi televisivi con mostruosi errori di sintassi. (Non si dice “Credo che è”: animali! Si dice “Credo che sia”). Non è nemmeno l’Italia dei giovani che avendo simili maestri affogano nell’ignoranza più scandalosa, nella superficialità più straziante, nel vuoto. Sicché agli errori di sintassi loro aggiungono gli errori di ortografia e se gli domandi chi erano i Carbonari, chi erano i liberali, chi era Silvio Pellico, chi era Mazzini, chi era Massimo D’Azeglio, chi era Cavour, chi era Vittorio Emanuele II, ti guardano con la pupilla spenta e la lingua pendula. Non sanno nulla al massimo sanno recitare la comoda parte degli aspiranti terroristi in tempo di pace e di democrazia, sventolare le bandiere nere, nasconder la faccia dietro i passamontagna, i piccoli sciocchi. Gli inetti. E tantomeno è l’Italia delle cicale che dopo aver letto questi appunti mi odieranno per aver scritto la verità. Tra una spaghettata e l’altra mi malediranno, mi augureranno d’essere uccisa dai loro protetti cioè da Usama Bin Laden. No, no: la mia Italia è un’Italia ideale. È l’Italia che sognavo da ragazzina, quando fui congedata dall’Esercito Italiano–Corpo Volontari della Libertà, ed ero piena di illusioni. Un’Italia seria, intelligente, dignitosa, coraggiosa, quindi meritevole di rispetto. E quest’Italia, un’Italia che c’è anche se viene zittita o irrisa o insultata, guai a chi me la tocca. Guai a chi me la ruba, guai a chi me la invade. Perché, che a invaderla siano i francesi di Napoleone o gli austriaci di Francesco Giuseppe o i tedeschi di Hitler o i compari di Usama Bin Laden, per me è lo stesso. Che per invaderla usino i cannoni o i gommoni, idem.»
Come posso non citare la fiera Ida Magli, vera Italiana che, con lungimirante avvedutezza avvertì che «… senza un suo territorio circoscritto non esiste “società”. Il territorio dell’Italia, preda di tutti quelli che se ne appropriano in quanto è volutamente abbandonato, non permette più agli Italiani di considerarsi una “società”, un popolo organizzato, con una propria identità, un proprio volto. Agli Italiani, ai più giovani, soprattutto, è venuto meno il fattore di base per “appartenere”, per voler appartenere e per voler formare, conservare, far emergere i tratti costitutivi della propria società. L’ostinazione con la quale i governanti, ormai da molti anni, fanno tutto il possibile per togliere agli Italiani il proprio territorio, lasciandolo indifeso alla mercé di migliaia e migliaia di stranieri, è il primo fattore della nostra disgregazione morale e sociale. Sia ben chiaro: i governanti si comportano così perché lo sanno, e vogliono raggiungere proprio lo scopo della disgregazione. Le prove di questa preordinata volontà sono moltissime. (…) Non c’è termine più significativo, e tuttavia in apparenza più contraddittorio, di quello di “Madre-Patria”. La patria è una terra madre che appartiene al padre. Dunque ai maschi, al potere, al pene, alla mascolinità. Nel momento in cui i detentori del Potere, i governanti (maschi per definizione, checché ne pensino le donne anche quando credono oggi di detenere posti di potere) cedono la patria a maschi invasori, costringono tutti i sudditi, tutta la società ad assumere le vesti della donna stuprata, e dunque, prima di tutto, la “femminilità.»
Il mio, è un disperato ardore di lotta per salvare la gloriosa Patria nostra dall’empia genia dei miserabili rinnegati, globalisti, sinistri, democratici, progressisti, radical scic, fancazzisti, antifascisti più fascisti dei fascisti, TRA DI TO RI in un’unica parola. E’ una lancia di Laocoonte da scagliare fieramente contro quel nebuloso cavallo di pestilenziale chiacchiericcio umanitario, dentro il quale si cela lo stormo nefasto delle cavallette agognate da Kalergi.
Quanto letto nelle interviste sconclusionate di certi pusillanimi, che ci hanno dati in pasto alla finanza mondialista, ha provocato in tantissima gente un sussulto di rabbia ma allo stesso tempo di orgoglio, e la fierezza di essere Italiani impone di reagire ai vergognosi appelli di esporre alle finestre la bandiera di quella che non è l’Europa, bensì l’€uropia.
La responsabilità di tutto questo risiede nella politica italiana, infiltrata dalla corruzione. E’ il risultato prodotto da una casta di rinnegati e traditori che vede l’Italia come una landa disabitata, senza storia e senza tradizioni, da popolare indiscriminatamente e spera di cancellare, con una nazionalizzazione artefatta, il suo crimine genocida. Proprio così, genocida, perché come recita uno degli atti così considerati dalla “Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio” (11 dicembre 1948) è di “Influenzare deliberatamente le condizioni di vita del gruppo con lo scopo di portare alla sua distruzione fisica totale o parziale”, questi maiali, traditori, ladri e corrotti stanno compiendo un genocidio dell’Italia e degli Italiani.
Armando Manocchia