Gli affari si dovrebbero concludere quando sono convenienti e nel luogo in cui sono più favorevoli. Questo ci insegna la triste scienza e i suoi ancor più tristi economisti. In teoria. Ma in pratica le cose stanno affatto diversamente. Il mercato è sovrano, domanda ed offerta determinano i prezzi. Chi è più bravo si arricchisce e chi sbaglia perisce. I paesi devono specializzarsi nelle produzioni in cui sono più competitivi, ecc. ecc. Se lo Stato, con le sue ingerenze, interrompe l’agire della mano invisibile il sistema si inceppa e si precipita nelle crisi. Le imprese devono districarsi da sole senza finanziamenti pubblici.
Sono tutte balle o quasi, ovviamente, che vengono a galla quando chi comanda davvero si vede pestare i piedi da un concorrente troppo spavaldo che arriva a rompergli le uova nel paniere. Cinesi, russi, italiani, francesi e assiro-babilonesi sono avvisati.
La globalizzazione è solo un altro nome del predomino americano, come diceva Kissinger. Se a Mosca si mettono in testa di vendere troppe materie prime in giro per il mondo o a Pechino di esportare merci danneggiando i business preponderanti di Washington ogni teoresi può andare a farsi benedire ed il pugno di ferro finalmente uscire dal guanto di velluto. A fortiori, perché gli Usa comprendono bene che dietro certe iniziative commerciali si celano obiettivi (geo)politici ben più sostanziali.
Ora, la via della seta non è un vero pericolo per la Casa Bianca ma certe attività vanno coordinate, cioè autorizzate. Altrimenti l’Egemone è costretto ad alzare la voce e i sottoposti a farsela sotto. E se ne vedono già tanti tra i nostri politici con la cacarella che si tirano indietro persino per qualche contrattino da poco. E’ vero che la questione della rete 5g ha un suo peso strategico, tanto che Mattarella è immediatamente intervenuto a rassicurare gli Usa sul fatto che quest’ultima sarà esclusa da eventuali intese, tuttavia, è proprio essa che dovrebbe interessarci di più per le sue novità. Non sono un esperto di tecnologia ma da quello che leggo in giro si tratterebbe di una rivoluzione plurisettoriale che passa dall’informazione e della comunicazione per influenzare trasporti, manifattura, industria, energia, sanità, ecc. ecc. Le chiavi del sistema sarebbero in mano ai cinesi e questo agli americani non piace.
Eppure, poiché gli statunitensi controllano i settori più avanzati questa differenziazione dell’offerta sarebbe giustificata. Del resto, non è stata proprio Washington a far saltare il gasdotto South Stream, che dalla Russia sarebbe sbucato in Italia, col pretesto che questo avrebbe reso l’Europa troppo dipendente da un solo fornitore? Si vede che se l’offerente è yankee il problema non si pone.
Quindi la Cina sarebbe un pericolo perché ci invita a concludere accordi commerciali. La Russia sarebbe una minaccia perché ci invita agli accordi energetici. Questi paesi utilizzerebbero patti e contratti per ingerirsi nei nostri affari e condizionare le nostre scelte. Un vero attentato alle nostre libertà democratiche.
Invece, la presenza militare diretta degli USA sul nostro suolo, con basi dislocate da nord a sud della Penisola, è garanzia di indipendenza non di occupazione da parte di un paese straniero. Nevvero? Dove passano gli eserciti americani non passano le merci di terzi, reinterpretando Bastiat.