La caduta dell’Isis, “anche se vi sono ancora significative sacche di resistenza nel teatro siro-iracheno”, sembra aver restituito “una nuova vitalità ad al-Qaeda che oggi torna ad invocare unità di azione e di intenti per ricostituire, nel lungo periodo e con altre strategie, il Califfato. Il tentativo è di riacquisire la leadership della jihad globale riconducendola sotto linee guida unitarie, dopo anni di contrapposizione tra al-Qaeda e Isis e il reciproco scambio di accuse di ‘deviazionismo’”. E’ quanto sottolinea il dossier ‘Terrorismo, criminalità e contrabbando’ realizzato dalla Fondazione Icsa (Intelligence Culture and Strategic Analysis) e presentato oggi alla Camera.
La fine del Califfato “ha già provocato la terza diaspora jihadista (la prima, seguita alla cacciata dell’Urss dall’Afghanistan, la seconda, all’annientamento dell’Emirato afghano del mullah Omar, la terza, alla sconfitta del Califfato di al-Baghdadi) che andrà certamente ad alimentare i gruppi estremisti già affiliati sia ad al-Qaeda sia all’Isis, nonché le cellule dormienti nei paesi occidentali ed arabi moderati. I nuovi rientri -rileva il dossier della Fondazione Icsa- potrebbero favorire forme aggregative ed atti di terrorismo ancor più eclatanti, in virtù di un’alleanza fra le varie metastasi jihadiste, che potrebbero rivelarsi ancor più destabilizzanti per l’Occidente”.
In questo contesto, al-Qaeda tornerebbe a rappresentare la “mente operativa”, mentre le cellule dell’Isis il suo braccio armato, con risorse di gran lunga superiori a quelle della vecchia al-Qaeda. Le nuove forme di aggregazione disporrebbero anche di maggiori capacità operative sia per l’esperienza maturata e le tecnologie sofisticate acquisite (come ad esempio l’impiego di droni), sia per gli schemi psicologici e di propaganda mediatica interiorizzati.
INTRECCI INTERESSI TRA CRIMINALITA’ ORGANIZZATA E GRUPPI JIHADISTI – Nello scenario criminale italiano si evidenziano intrecci di interessi tra criminalità organizzata e gruppi jihadisti. Dal dossier emergono casi di studio in cui gli interessi della criminalità si incrociano con quelli dei jihadisti e accade che le rotte delle migrazioni coincidano con quelle del contrabbando di tabacchi, di droga, di armi, di opere d’arte dai ‘teatri di guerra’ di Siria e Iraq, e del trasporto clandestino di jihadisti.
PETROLIO FONTE FINANZIAMENTO DELLO STATO ISLAMICO – Con i proventi del greggio il Califfato ha avuto per anni la possibilità di pagare i salari di migliaia di miliziani, acquistare armi, forgiare lucrose alleanze con le tribù irachene sunnite ostili al Governo sciita di Baghdad. Secondo autorevoli fonti, i proventi delle attività petrolifere gestite dall’Isis in Siria ed in Iraq ammontavano nel solo 2015 a 400 milioni di dollari l’anno. Secondo la Guardia di Finanza, riferisce il dossier, gran parte delle capacità di finanziamento dello Stato Islamico era subordinata alla sua capacità di raffinare e trasportare il petrolio. A tal fine, l’Isis ha costruito condotte interrate e raffinerie di petrolio fisse o mobili, anche se con caratteristiche rudimentali, come le raffinerie modulari (molto comuni, costruite off-site, si possono attaccare al camion o al pozzo, si possono smontare e rimontare facilmente, nonostante le piccole dimensioni sono comunque sofisticate). ADNKRONOS