Kabobo da’ in escandescenza in carcere, sedato con una iniezione

Sono passati quasi sei anni dal giorno di maggio in cui Adam Kabobo seminò il terrore e la morte nel quartiere di Niguarda.  L’altro ieri, nel carcere di Opera, dove lo straniero sta scontando la condanna a vent’anni di carcere per triplice omicidio, davanti alla furia devastatrice dell’uomo gli agenti di polizia penitenziaria non hanno avuto altra scelta che chiedere l’autorizzazione a sedarlo con una iniezione. Per fare questo è stata necessaria l’autorizzazione da parte del Comune al Tso, il trattamento sanitario obbligatorio. Nel frattempo, l’«emergenza Kabobo» veniva tamponata in qualche modo, cercando di evitare contatti ravvicinati con il detenuto fuori di sé. E quando l’autorizzazione è arrivata c’è voluto del bello e del buono per praticargli l’iniezione.

L’11 maggio 2013 Kabobo armato di piccone aveva aggredito per le strade chiunque gli capitasse a tiro, uccidendo tre donne e ferendo due uomini. A scatenare la sua furia, secondo quanto egli stesso raccontò poi ai periti del tribunale, delle «voci che sentivo nella testa» e che evocavano i massacri in corso nel nord del suo paese. Processato con rito abbreviato si era visto concedere l’attenuante del vizio parziale di mente.

Dopo un soggiorno al Conp – il centro neuropsichiatrico di San Vittore, ora chiuso – Kabobo era stato spostato a Opera dove i farmaci e le terapie sembravano avere dato qualche risultato, tanto che aveva iniziato a seguire lezioni di italiano e a lavorare come «spesino». Ma evidentemente il percorso per portarlo a una sorta di normalità è ancora lungo. E l’episodio di lunedì riporta l’attenzione sulle difficoltà della polizia penitenziaria nel gestire casi di questo tipo da quando anche la somministrazione di un calmante viene considerata un trattamento sanitario obbligatorio e richiede quindi l’ok del sindaco: con inevitabile allungamento dei tempi.

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