Il ritorno della Fedeli per la droga libera. Contro i nostri figli

Ci mancava la Fedeli. La nuova impresa si chiama droga libera e sta scritta in un disegno di legge che l’ex ministro ha depositato al Senato con i suoi colleghi del Pd Pittella e Giacobbe, compagni di lotta e di rovina. Il trio rosso ha scodellato a metà novembre – e da ieri campeggia sul sito di palazzo Madama – il proprio contributo portaguai alle famiglie e ai nostri giovani. Contro le famiglie e contro i nostri giovani, per la precisione.

Con il pretesto di lavorare a misure alternative alla detenzione e a programmi di riduzione del danno, questi signori si propongono di rendere lecito ciò che non lo è: e’ il ritorno della cultura della droga come diritto e non più come delitto contro se stessi e la società in cui si vive. E così persino quella che fu ministro per i disastri nella scuola, si mette di nuovo in prima fila per completare l’opera di devastazione culturale e sociale delle giovani generazioni.

In pratica, se passasse quel disegno di legge – al Senato reca il numero 937 – tornerebbe il diritto a consumare sostanze stupefacenti.

Da un parte è il richiamo a quel pezzo di sinistra disperata e sparpagliata che non sa più a quali temi votarsi per unirsi in una sorta di manifesto Delenda più che Calenda; dall’altra, è un volantino adatto a richiamare dalle loro parti quei grillini alla Fico che vogliono cambiare alloggio di governo.

Via ogni sanzione penale o amministrativa, scrivono i senatori del Pd: perché – farfugliano gli ipocriti nella relazione alla legge – esse sono “potenzialmente di impatto assai desocializzante”. Si torna all’antico linguaggio del “cioè” per tentare un’operazione di inusitata violenza contro la quale sarà bene erigere robuste barricate morali.

Perché siamo stanchi di questa sorta di assuefazione sociale ai troppi morti per droga. E loro vorrebbero che tutto venisse reso più facile.

Coltiva ciò che vuoi, promette la proposta di legge, e quanti stupefacenti vuoi. Poi, se li cedi gratuitamente ad altri, non sarà inteso come spaccio perché non ci guadagni; e se la cessione è di gruppo ma senza cacciare denari sarà divertimento assicurato e collettivo con la benevolenza dello Stato.

La frenesia drogaiola dei firmatati dell’osceno disegno di legge senatoriale si spinge anche oltre, troppo per i nostri gusti. Nel codice delle pene si indicano precise aggravanti quando si è in presenza di associazioni a delinquere e di circostanze che rendono più pesante il reato commesso. Non sia mai, scrivono l’ex ministro della scuola e i suoi compari: chi promuove la banda che invece traffica in droga senza permesso dello Stato, chi ne è a capo, non rischierà più venti anni di reclusione, ma otto; chi ne fa parte, si vedrà ridurre il rischio di galera da dieci a sei anni.

È da queste cose che si capisce perché la sinistra si chiama così. Il sinistro è l’incidente e nei casi più gravi – quelli “terribili” – è il disastro. E non c’è nulla di più terribile che ritornare a contaminare la società con il messaggio della droga libera. Contro questi disegni ci sia la mobilitazione più forte di chi ha ancora una coscienza.

Francesco Storace